Lo scorso 8 Settembre durante il test d’ingresso per i corsi di laurea delle professioni sanitarie all’università degli studi di Brescia si erano verificate gravi irregolarità. 5 domande non erano correttamente impaginate e risultavano “slegate” dal testo a cui si riferivano, inoltre una domanda conteneva più di una risposta esatta. Quando ormai metà del tempo a disposizione era passato e dopo numerose segnalazioni dei candidati, la commissione ha sospeso il test e comunicato che le domande errate sarebbero state escluse dalla valutazione finale. Troppo tardi, numerosi studenti avevano già risposto o perso tempo sui quesiti errati inoltre, la comunicazione, data senza indicare con precisazione le domande annullate, ha creato ancora più confusione.
L’UDU Brescia ha così deciso di promuovere un ricorso collettivo al TAR di Brescia per difendere i diritti degli studenti danneggiati e ripristinare la parità delle condizioni di partenza pregiudicate dall’accaduto.
Il 15 Dicembre il T.A.R. Lombardia, sezione staccata di Brescia, accoglie l’istanza cautelare richiesta dall’UDU e ammette con riserva tutti i ricorrenti, che da allora hanno iniziato a frequentare i corsi di laurea ai quali aspiravano.
Il TAR ha infatti ritenuto che c’è stata una “oggettiva alterazione nella modulazione e nella proporzione del test” e che “in conseguenza della grave anomalia registrata, affiora e si espande il diritto allo studio costituzionalmente garantito”.
Con sentenza del 6 Giugno depositata ieri 16 Luglio il T.A.R. Brescia scioglie la riserva e conferma la sua precedente decisione, ammettendo così definitivamente tutti gli studenti che hanno partecipato al ricorso.
Federico Micheli, coordinatore dell’UDU Brescia commenta: “Tutto quello che abbiamo sostenuto fin dai momenti successivi al test ora è riconosciuto in una sentenza: è stato dimostrato che la società privata, appaltatrice del test per un prezzo molto basso rispetto alla media, ha commesso degli errori e che l’università non è stata in grado sul momento di gestire la situazione: in ogni caso le conseguenze non possono essere pagate degli studenti e la sentenza ristabilisce questo principio di giustizia. L’università di Brescia sembra intenzionata per il futuro a non ricorrere più a società private per la realizzazione di questi test ma ad affidarsi a consorzi partecipati dalle università stesse come il CINECA: è sicuramente un miglioramento ma il problema secondo noi è a monte e riguarda il sistema di accesso all’università.”
Dichiara Michele Orezzi, coordinatore nazionale dell’UDU: “ da anni combattiamo il sistema del numero chiuso in quanto riteniamo lo sbarramento aprioristico all’accesso all’università lesivo del diritto allo studio e le nostre vittorie nei vari tribunali regionali dimostrano la fallacità di questo sistema che nulla ha a che vedere con il “merito” tanto decantato dallo scorso Governo e da quello attuale. “
Conclude Orezzi: “ la nostra battaglia parte dal fulcro del sistema, per questo con il nostro avv.to Michele Bonetti abbiamo impugnato la normativa sul numero chiuso per incostituzionalità fino alla Corte Costituzionale. In contemporanea anche quest’anno saremo accanto agli studenti che sosterranno i test e difenderemo i loro diritti ateneo per ateneo, ricorso dopo ricorso, per scardinare questo sistema iniquo e per garantire quel diritto allo studio sancito anche e soprattutto dalla nostra Costituzione “.