La violenza nel mondo del calcio ha raggiunto un nuovo e inquietante apice a Rieti, dove un tragico evento ha portato alla morte di Raffaele Marianella, autista del pullman dei tifosi del Pistoia Basket, durante un attacco da parte di un gruppo di ultras. Le intercettazioni ambientali rivelano frasi inquietanti pronunciate da uno degli ultras coinvolti, Alessandro Barberini, che ha espresso senza mezzi termini la sua intenzione di colpire e il suo disprezzo per le conseguenze delle sue azioni.
la confessione di barberini
Barberini, un 53enne cameriere, ha ammesso di aver lanciato un sasso contro il pullman, ma ha minimizzato la propria responsabilità, affermando che la sua pietra era piccola e che non era stato lui a causare la morte dell’autista. Le sue parole, captate dagli inquirenti, rivelano un atteggiamento di sfida nei confronti della legge e una totale mancanza di empatia per la vittima: «Se avessimo preso l’autista avremmo fatto una strage». Queste dichiarazioni, insieme ad altre intercettazioni, mostrano un quadro allarmante di un gruppo di ultras che non sembrano rendersi conto della gravità delle loro azioni.
l’agguato pianificato
L’agguato si è verificato il 19 ottobre scorso, quando Barberini e altri tifosi del Real Sebastiani hanno pianificato un attacco contro il pullman dei tifosi avversari. Barberini ha descritto come, dopo aver assistito a una partita di basket, il gruppo di circa 100 ultras si fosse radunato con l’intenzione di confrontarsi fisicamente con i tifosi del Pistoia. Tuttavia, solo 12 di loro si sono presentati all’uscita per Contigliano, dove hanno atteso il passaggio del pullman.
Le indagini hanno rivelato che non è stato solo un sasso a colpire il veicolo. Ecco alcune delle scoperte chiave emerse:
- Diversi membri del gruppo hanno partecipato all’azione.
- Barberini ha chiarito che non erano andati lì per uccidere, ma la sua testimonianza solleva interrogativi sulla cultura della violenza che permea la tifoseria.
- «Non so chi ha tirato quel sasso grosso e non mi sono reso conto che c’era una persona morta», ha detto Barberini, mostrando segni di pentimento, ma anche una mancanza di consapevolezza delle potenziali conseguenze delle sue azioni.
reazioni e conseguenze
Insieme a Barberini, sono stati arrestati Manuel Fortuna e Kevin Pellecchia, entrambi accusati di omicidio volontario aggravato. Mentre Barberini ha ammesso parzialmente la propria responsabilità, Fortuna è stato intercettato mentre minimizzava l’accaduto, dicendo: «Gli ho detto una manica de cazzate», confermando il clima di impunità e sfida che sembra caratterizzare il gruppo di ultras.
Le autorità di Rieti, guidate dal procuratore capo Paolo Auriemma e dal pm Lorenzo Francia, stanno lavorando per identificare tutti i partecipanti all’agguato. È stato conferito l’incarico di eseguire test sul DNA a sei giovani, tra cui i tre fermati, per chiarire ulteriormente le responsabilità. Un testimone, un ventenne di Rieti, ha raccontato che alla fine della partita si era sparsa la voce di un incontro a Contigliano, suggerendo che l’aggressione era stata pianificata e non un atto impulsivo.
In un contesto più ampio, l’episodio ha sollevato preoccupazioni sulla cultura ultras in Italia, dove il tifo sfocia spesso in violenza. La polizia ha già emesso 12 Daspo, alcuni dei quali con una durata di 5 anni, mentre uno dei coinvolti, recidivo, riceverà un divieto di 8 anni. Questo episodio segna un ulteriore capitolo nel lungo e complesso rapporto tra calcio, tifoserie e violenza in Italia.
Nel frattempo, sulla pagina Facebook di Barberini è stata avviata una raccolta fondi per sostenere le sue spese legali, che ha già raggiunto la cifra di 28.000 euro, sollevando interrogativi etici sulla solidarietà che si può manifestare anche in contesti di violenza. L’avvocato di Pellecchia ha dichiarato che il suo cliente non ha mai partecipato all’associazione “Comunità Roccaforte”, un gruppo di ultras legato all’estrema destra, cercando di distanziarsi da eventuali implicazioni politiche.
Tuttavia, la questione rimane aperta e complessa. Gli ultras di Rieti, come in altre città italiane, continuano a rappresentare un fenomeno difficile da gestire. Le autorità e la società civile devono affrontare questa sfida con determinazione, per evitare che simili tragedie si ripetano in futuro.
