L’omicidio di Piersanti Mattarella, presidente della Regione Siciliana, avvenuto il 6 gennaio 1980, continua a suscitare interesse e dibattito anche dopo decenni. Questo caso ha segnato profondamente la storia politica e sociale della Sicilia e, recentemente, è tornato alla ribalta grazie all’arresto dell’ex prefetto Filippo Piritore, accusato di depistaggio. Durante l’interrogatorio di garanzia, Piritore ha cercato di difendersi, sostenendo di essere stato sopraffatto da un “stato di confusione e ansia” e di aver fatto confusione riguardo al guanto in pelle, un elemento cruciale per le indagini.
il ruolo di piritore nell’omicidio
Piritore, che all’epoca dei fatti era un funzionario della sezione rapine della Squadra Mobile di Palermo, ha dichiarato di essere stato frainteso. «Mi protesto innocente», ha affermato con determinazione, cercando di chiarire la sua posizione in una vicenda caratterizzata dalla scomparsa di evidenze cruciali. Il guanto, trovato nell’auto utilizzata per la fuga da uno dei killer di Mattarella, avrebbe potuto fornire indizi significativi se analizzato correttamente.
Piritore ha negato di avere rapporti personali con il suo superiore, il dottor Contrada, ma ha insinuato che le sue azioni potessero essere state influenzate dalle direttive dei dirigenti. Ha dichiarato: «Non ho occultato nulla – forse qualcuno mi avrà detto di procedere in quel modo». Tuttavia, questo tentativo di giustificazione non ha convinto gli inquirenti, che hanno evidenziato la fragilità delle sue affermazioni.
discrepanze nelle dichiarazioni
Durante l’interrogatorio, Piritore ha cercato di spiegare le discrepanze nelle sue versioni riguardo al guanto, che ha affermato di aver consegnato a diversi soggetti nel corso degli anni. Le sue dichiarazioni possono essere riassunte come segue:
- Inizialmente affermò di averlo dato a un agente della Scientifica, ma questa versione è stata smentita.
- Successivamente, sostenne di averlo affidato all’allora pubblico ministero Piero Grasso, il quale ha sempre negato di aver ricevuto l’oggetto.
- Infine, menzionò un poliziotto di nome Lauricella, ma le indagini hanno dimostrato che nessun Lauricella era in servizio alla Scientifica al momento dell’omicidio.
Queste incongruenze non solo mettono in discussione la credibilità di Piritore, ma sollevano anche interrogativi sulla gestione delle indagini all’epoca dei fatti.
l’eredità di piersanti mattarella
L’omicidio di Piersanti Mattarella è emblematico di un periodo storico in cui la mafia esercitava una forte influenza sulla politica siciliana. Questo evento ha messo in luce le difficoltà degli inquirenti nel portare avanti indagini efficaci e nel garantire la giustizia. La confusione e le omissioni sembrano essere comuni in un contesto in cui le forze dell’ordine e il potere politico devono confrontarsi con l’influenza della criminalità organizzata.
Piritore ha dichiarato di essere stato “contattato a casa” il giorno dell’omicidio e di essersi recato sul luogo dell’auto utilizzata per la fuga. Tuttavia, ha ammesso di non ricordare chi fosse presente, contribuendo a un clima di incertezza che avvolge l’intera vicenda. Queste lacune rendono ancora più difficile ricostruire la verità su un evento che ha segnato un punto di non ritorno nella storia della Sicilia.
La figura di Piersanti Mattarella, assassinato in un contesto di profonda instabilità politica, rappresenta un simbolo di resistenza contro le ingerenze mafiose. Oggi, a oltre quarant’anni di distanza, il caso rimane aperto e le sue ferite sono ancora vive. La speranza di giustizia per la famiglia Mattarella e per la società civile siciliana è che le attuali indagini possano finalmente fare luce su una verità a lungo nascosta. La figura di Piritore, ora sotto la lente d’ingrandimento, rappresenta solo una delle molteplici facce di un sistema che ha faticato a opporsi alle infiltrazioni mafiose, ma che ora sembra essere chiamato a rendere conto delle sue azioni e omissioni.
