Il figlio della vittima accusa l'ex fidanzata: «Ha introdotto l'assassina di mia madre»
Il brutale omicidio di Stefania Camboni, avvenuto tra il 14 e il 15 maggio nella sua villetta a Fregene, ha scosso profondamente la comunità locale, suscitando un’ondata di indignazione e tristezza. La vittima, una donna di circa 60 anni, è stata trovata priva di vita, assassinata con 34 coltellate, in un delitto che ha lasciato più domande che risposte. Venerdì 23 maggio, i carabinieri del Ris torneranno sul luogo del delitto per un nuovo sopralluogo, nella speranza di raccogliere indizi che possano fare chiarezza su questa tragica vicenda.
Nel frattempo, la tensione tra le persone coinvolte cresce. Francesco Violoni, il figlio della vittima, ha accusato apertamente la sua ex fidanzata, Giada Crescenzi, oggi detenuta e unica indagata nel caso. Secondo Francesco, la Crescenzi è l’assassina di sua madre, e lui stesso si sente in colpa per averla introdotta in casa. Questa accusa ha sollevato un’ulteriore complessità emotiva, poiché il giovane si confronta con un dolore profondo e un senso di responsabilità per aver permesso che colei che considera la colpevole entrasse nella vita della sua famiglia.
L’avvocato di Francesco, Massimiliano Gabrielli, ha espresso la convinzione della famiglia Camboni-Violoni riguardo alla colpevolezza della 29enne. «La convinzione sulla colpevolezza della Crescenzi è ormai granitica», ha dichiarato, evidenziando come il racconto del suo assistito si allinei con le evidenze investigative, senza contraddizioni. Questo rafforza la posizione della famiglia, che ora si affida anche a Luciano Garofano, ex comandante del Ris di Parma, noto per aver lavorato su alcuni dei più celebri delitti italiani.
Le indagini si concentrano anche sulla possibilità di complici. Il Giudice per le indagini preliminari di Civitavecchia, Viviana Petroselli, ha delineato un quadro accusatorio pesante a carico della Crescenzi. Tra gli indizi raccolti, ci sono:
Questi elementi potrebbero rivelarsi cruciali nel processo. Tuttavia, rimane ancora irrisolto il nodo del movente dell’omicidio, che secondo gli inquirenti potrebbe essere legato a dissidi economici o a un clima domestico teso e conflittuale.
Un altro aspetto inquietante è l’assenza dell’arma del delitto: il coltello utilizzato per infliggere i 34 colpi non è stato ancora ritrovato. Questo dettaglio getta un’ulteriore ombra sul caso, rendendo ancora più difficile ricostruire con precisione quanto accaduto quella tragica notte. La speranza è che il sopralluogo in programma possa fornire indizi decisivi per risolvere i numerosi interrogativi ancora aperti, offrendo così un po’ di chiarezza a una vicenda tanto oscura quanto drammatica.
Il clima di tensione che circonda il caso di Stefania Camboni è palpabile. La comunità di Fregene, scossa da questo terribile omicidio, attende con ansia gli sviluppi delle indagini. In un contesto in cui le emozioni sono forti e i legami familiari messi a dura prova, la verità sembra essere l’unico obiettivo da perseguire, nella speranza che giustizia possa essere fatta per Stefania e la sua famiglia.