Due italiani su tre si considerano ceto medio, ma oltre la metà teme per il futuro dei propri figli

Due italiani su tre si considerano ceto medio, ma oltre la metà teme per il futuro dei propri figli
Il secondo rapporto Cida-Censis, intitolato “Rilanciare l’Italia dal ceto medio. Riconoscere competenze e merito, ripensare fisco e welfare”, offre un’analisi profonda e inquietante della realtà socio-economica del ceto medio italiano. Presentato in un convegno alla Camera dei Deputati, il rapporto ha visto la partecipazione di figure di spicco della politica, come il vice presidente del Consiglio Antonio Tajani e il viceministro dell’Economia Maurizio Leo.
Tra i dati più allarmanti, emerge che due italiani su tre si identificano come appartenenti al ceto medio, ma oltre la metà di questi esprime preoccupazione per il futuro dei propri figli, temendo che vivranno in condizioni economiche peggiori. Questo riflette un malessere profondo, accentuato dalla sensazione che le competenze e il merito non siano adeguatamente riconosciuti nel mercato del lavoro. Infatti, l’82% degli intervistati lamenta che il valore delle proprie capacità non si traduce in un reddito proporzionato.
la frattura tra ceto medio e sistema socio-economico
Stefano Cuzzilla, riconfermato alla guida di Cida, sottolinea la frattura esistente tra il ceto medio e il sistema economico e sociale del Paese. “Il ceto medio è il punto di tenuta dell’Italia,” afferma Cuzzilla, “ma oggi vive un paradosso insostenibile: è troppo ricco per ricevere aiuti, ma troppo povero per costruire un futuro.” Questa affermazione evidenzia una contraddizione che caratterizza la vita di milioni di italiani, che, nonostante il loro impegno, si sentono trascurati.
l’identità culturale del ceto medio
Il rapporto mette in evidenza un aspetto culturale significativo: il ceto medio non si definisce solo attraverso il reddito, ma anche attraverso l’identità culturale. Il 66% degli italiani si riconosce nel ceto medio e, per oltre il 90% di questi, il sapere e il livello di istruzione sono valori fondamentali. Tuttavia, la mancanza di riconoscimento economico per queste competenze crea una distanza tra il capitale umano e il capitale economico, ostacolando la crescita individuale e alimentando un senso di impotenza.
preoccupazioni per il futuro
Negli ultimi anni, la situazione economica del ceto medio è peggiorata. Ecco alcuni dati significativi:
- Solo il 20% degli intervistati riporta un miglioramento delle proprie condizioni economiche.
- Il 45% degli italiani ha già ridotto le spese.
- La metà dei genitori crede che i propri figli vivranno in condizioni economiche peggiori.
Inoltre, oltre il 51% auspica che i propri figli cerchino opportunità all’estero, segnalando un cambiamento nella mentalità collettiva. Nonostante queste preoccupazioni, il ceto medio continua a investire nel futuro dei propri figli: il 67% delle famiglie sostiene spese straordinarie per garantire loro un futuro migliore.
Anche i pensionati sono coinvolti in questa dinamica, con il 47% che aiuta regolarmente figli o nipoti e il 66% che finanzia spese straordinarie. Tuttavia, solo il 52% degli intervistati si sente protetto da reti di welfare, mentre la capacità di risparmio del ceto medio è in declino, con il 46% che ha ridotto la propria capacità di accantonare risorse.
In questo contesto, emerge una crescente insoddisfazione nei confronti del sistema di welfare pubblico, con solo il 18% degli italiani che lo giudica sufficiente. Questa percezione di inadeguatezza spinge molti verso soluzioni private, creando interrogativi su una possibile nuova disuguaglianza.
Il rapporto Cida-Censis, quindi, offre uno spaccato inquietante della realtà italiana, evidenziando le fragilità e le contraddizioni del ceto medio. È fondamentale riflettere su come sostenere e valorizzare questa parte essenziale della società, riconoscendo il suo ruolo cruciale nel mantenere il tessuto sociale e nell’assicurare un futuro migliore per le generazioni a venire.