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Salari sotto i 25mila euro: il 62% dei lavoratori privati in difficoltà secondo la Cgil

Salari sotto i 25mila euro: il 62% dei lavoratori privati in difficoltà secondo la Cgil

Salari sotto i 25mila euro: il 62% dei lavoratori privati in difficoltà secondo la Cgil

Un recente studio della Cgil ha messo in luce una realtà allarmante riguardo ai salari dei lavoratori privati in Italia. Secondo i dati analizzati, il 62% dei lavoratori privati guadagna meno di 25mila euro all’anno. Questo dato, sebbene in leggera discesa rispetto al 65% registrato nel 2022, evidenzia comunque una condizione di precarietà e difficoltà economica che coinvolge una vasta parte della forza lavoro.

Lo studio si è concentrato su un campione di 17,4 milioni di lavoratori che hanno avuto almeno una giornata lavorativa nell’anno, includendo anche coloro che hanno lavorato solo per brevi periodi o part-time. La media delle giornate lavorate nell’anno è di 246, un dato che riflette le diverse tipologie di impiego nel nostro paese.

Differenze salariali tra le categorie di contratto

Analizzando i salari, emergono differenze significative tra le varie categorie di contratti. Per i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato, che possono includere anche i part-time, la media dei salari lordi si attesta a 28.540 euro. Tuttavia, per chi è assunto con contratti a termine, il salario medio scende drasticamente a 10.302 euro. Questa disparità è ancora più marcata se si considerano i lavoratori full time, che guadagnano in media 29.508 euro, rispetto ai part time, che ricevono solo 11.782 euro.

Un elemento particolarmente preoccupante è rappresentato da quei lavoratori che si trovano a cumulare due condizioni svantaggiose, ovvero quelli assunti a tempo determinato e part-time. Questa categoria subisce una doppia penalizzazione, con un salario lordo annuale medio che scende a soli 7.100 euro. La Cgil, nel suo rapporto, sottolinea come il part-time e i contratti a termine, in combinazione con una forte discontinuità lavorativa, portino a un abbassamento complessivo del salario medio annuale.

Retribuzione oraria e condizioni di lavoro

Un altro aspetto critico evidenziato dallo studio riguarda la retribuzione oraria, che in Italia rimane tra le più basse d’Europa. Nel settore privato, escludendo i lavoratori domestici e gli operai agricoli, circa 2,8 milioni di lavoratori dipendenti si trovano nei primi due decili della distribuzione salariale, con una retribuzione oraria inferiore a 9,5 euro. Se si escludono i circa 400 mila lavoratori in maternità, malattia o cassa integrazione, il numero scende a circa 2,4 milioni, i quali vivono una condizione strutturale di bassa retribuzione.

Tra questi lavoratori, una parte significativa è composta da apprendisti e da coloro che hanno contratti a termine, molti dei quali sono occupati nelle piccole imprese. Le piccole e medie imprese, infatti, sono spesso caratterizzate da una maggiore precarietà e da una minore capacità di offrire salari competitivi rispetto alle grandi aziende. La situazione è ulteriormente complicata dalla maggiore incidenza di lavoratori a tempo parziale e stranieri nei primi due decili della distribuzione salariale, evidenziando come le disuguaglianze siano amplificate da fattori socio-economici e demografici.

L’importanza di politiche attive per il lavoro

La diminuzione della percentuale di lavoratori con retribuzioni inferiori a 25mila euro, pur se positiva, non deve far abbassare la guardia. Il dato, infatti, rimane elevato e testimonia una realtà in cui molti lavoratori si trovano a dover affrontare difficoltà economiche significative, senza alcuna garanzia di miglioramenti futuri.

In un contesto di inflazione crescente e di rincari dei costi della vita, è fondamentale che le istituzioni e i sindacati pongano l’accento sulla necessità di politiche attive per il lavoro che possano garantire salari dignitosi e condizioni di lavoro più stabili. Inoltre, è essenziale promuovere la formazione e l’aggiornamento professionale per i lavoratori, affinché possano accedere a opportunità di impiego più sicure e meglio retribuite.

La Cgil, attraverso il suo rapporto, fa quindi un appello alla necessità di intervenire su questi temi, affinché si possano creare le condizioni per un mercato del lavoro più equo e giusto, in grado di garantire a tutti un salario adeguato e una vita dignitosa. La questione salariale non è solo un tema economico, ma un elemento cruciale per la coesione sociale e il benessere collettivo. La sfida è quindi quella di costruire un futuro lavorativo in cui ogni persona possa vedere riconosciuto il proprio impegno con una giusta retribuzione, contribuendo così a un’Italia più giusta e solidale.