Il signor Michele è vivo, ma l’Inps lo crede morto e gli nega la pensione

Il signor Michele è vivo, ma l'Inps lo crede morto e gli nega la pensione
Nel cuore della provincia di Frosinone, precisamente a Posta Fibreno, si è verificato un dramma burocratico che ha colpito il signor Michele, un pensionato di 78 anni. Per l’INPS, l’ente previdenziale italiano, Michele risulta defunto, mentre in realtà è vivo e vegeto. Questa incredibile vicenda ha attirato l’attenzione dei media, in particolare del quotidiano “Il Messaggero”, che ha riportato la storia del signor Michele, il quale, nonostante la sua pazienza, sta vedendo sfumare la sua serenità di fronte a un sistema burocratico che sembra non tener conto della realtà.
La scoperta dell’errore
La vicenda è iniziata nel marzo scorso, quando Michele ha notato che la sua pensione, che riceveva con regolarità, non era stata accreditata. Preoccupato, si è recato presso gli uffici dell’INPS per richiedere chiarimenti. La risposta che ha ricevuto è stata sconvolgente: «Guardi che lei è morto». Un’affermazione che ha lasciato Michele sbalordito e incredulo.
Il malinteso è nato da un errore di registrazione legato al decesso di un familiare di Michele, un parente di 90 anni deceduto il 24 febbraio all’ospedale “Santissima Trinità” di Sora. In seguito alla compilazione dei documenti funebri, è stato redatto un atto di morte che ha erroneamente incluso il nome di Michele invece di quello del vero defunto. Così, mentre la famiglia piangeva una perdita reale, la burocrazia ha creato una realtà alternativa in cui Michele risultava deceduto.
La reazione dell’INPS
L’INPS, non appena ricevuta la comunicazione dell’atto di morte, ha immediatamente bloccato i pagamenti della pensione, lasciando Michele in una situazione di grande disagio. L’anziano, che continua a condurre una vita normale, a fare la spesa e a passeggiare per il suo paese, si trova ora a dover dimostrare la sua esistenza di fronte a un sistema che lo considera un fantasma burocratico. Michele esprime l’assurdità della sua situazione: «Ma io sono vivo, anche se le carte dicono il contrario… e ora chi glielo spiega all’INPS?».
Tentativi di risoluzione
Per cercare di risolvere il problema, l’avvocato Antonio Lecce ha inviato una diffida formale all’ASL di Frosinone, evidenziando l’errore e chiedendo una pronta rettifica. Tuttavia, la macchina burocratica era già in movimento e, nonostante una comunicazione inviata dall’ASL due giorni dopo l’errore, che riconosceva la svista, la situazione di Michele non è cambiata. Quando si è recato presso la sede dell’INPS, le parole che ha sentito sono state surreali: «Per noi lei è morto. Se vuole dimostrare il contrario, porti un documento che attesti che lei è vivo». Questa richiesta ha dell’assurdo: Michele è costretto a produrre documentazione che contraddica un atto di morte mai avvenuto nella realtà.
L’avvocato Lecce ha fissato un ultimatum all’ASL, minacciando di adire le vie legali se non verrà corretta la “clamorosa svista”. Qualora la situazione non si risolvesse, Michele potrebbe trovarsi costretto a presentarsi in tribunale per affermare: «Eccomi, sono io, non sono morto». Una frase che, in un Paese normale, non dovrebbe mai essere pronunciata.
Riflessioni sulla burocrazia
Questa storia del signor Michele ha messo in luce non solo le problematiche legate all’amministrazione pubblica, ma ha anche posto una riflessione sulla fragilità delle vite umane di fronte a un sistema che, a volte, sembra dimenticare la sua missione principale: servire i cittadini. La vicenda ha sollevato interrogativi su come l’INPS gestisca la registrazione dei decessi e sulla necessità di un miglioramento dei processi burocratici. Michele, con la sua determinazione, rappresenta un simbolo della lotta contro l’assurdità burocratica, un uomo che non si arrende e che continua a cercare giustizia, e, soprattutto, il riconoscimento della sua esistenza.