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Liposuzione fatale: il caso del dottor José Lizarraga Picciotti e le sue pratiche contestate

Liposuzione fatale: il caso del dottor José Lizarraga Picciotti e le sue pratiche contestate

Liposuzione fatale: il caso del dottor José Lizarraga Picciotti e le sue pratiche contestate

L’8 giugno 2023, la comunità ecuadoriana in Italia è stata scossa dalla tragica notizia della morte di Ana Sergia Alcivar Chenche, una donna di 46 anni, deceduta a seguito di un intervento di liposuzione eseguito dal medico peruviano José Lizarraga Picciotti, 65 anni. Attualmente, Lizarraga Picciotti è sotto inchiesta per omicidio colposo, ma il suo passato è costellato da una lunga serie di denunce e condanne per lesioni legate a interventi di chirurgia estetica, in particolare liposuzioni.

un caso non isolato

Il caso di Ana Sergia non è un episodio isolato. Infatti, Lizarraga Picciotti è già coinvolto in un processo che si svolge a Brescia, avviato nel 2019 a seguito della denuncia di una paziente che ha subito danni permanenti dopo due interventi di liposuzione. Questi eventi hanno sollevato interrogativi non solo sulle pratiche mediche del dottore, ma anche sulla sicurezza e l’integrità del sistema di chirurgia estetica in Italia.

La paziente che ha denunciato Lizarraga Picciotti ha raccontato di essere stata operata due volte:
1. la prima il 13 aprile 2019 a Roma
2. la seconda il 19 maggio dello stesso anno a Desenzano del Garda.

Durante la sua testimonianza, ha affermato che il medico le aveva promesso di “sistemare tutto”, ma che, al contrario, gli interventi hanno comportato “danni irreparabili” al suo corpo. I periti medici legali hanno confermato la presenza di “lesioni gravi causate da evidenti carenze mediche” sull’addome e intorno all’ombelico, evidenziando l’assenza di standard adeguati durante gli interventi.

pratiche allarmanti

Una delle pratiche più allarmanti associate a Lizarraga Picciotti è l’uso della grappa come anestesia. Secondo le indagini, durante le operazioni, il medico si sarebbe presentato in t-shirt, senza camice, e avrebbe utilizzato una bottiglia di grappa per sedare i pazienti, una prassi inaccettabile in qualsiasi contesto medico. La mancanza di un anestesista e di un adeguato personale sanitario qualificato ha sollevato ulteriore preoccupazione, rivelando un ambiente di lavoro che era più simile a un’operazione clandestina che a una pratica medica legittima.

In aggiunta alle denunce di malasanità, il video del secondo intervento, registrato da un’amica della paziente, è stato acquisito dagli inquirenti come prova. Questo materiale visivo ha contribuito a documentare la condotta del medico e a chiarire le circostanze in cui sono avvenuti gli interventi. La sentenza del processo in corso a Brescia è attesa per il 26 settembre 2023, e il caso di Ana Sergia potrebbe ulteriormente influenzare le decisioni legali riguardo alla responsabilità del dottore.

un dibattito necessario

L’operato di Lizarraga Picciotti ha suscitato anche un dibattito più ampio sulla regolamentazione della chirurgia estetica in Italia. Le segnalazioni di malasanità nel settore della medicina estetica sono in aumento, e i casi come quello di Ana Sergia Alcivar Chenche pongono interrogativi sulla formazione e sulle certificazioni richieste per i professionisti del settore. La chirurgia estetica, pur essendo una scelta personale, deve essere eseguita in condizioni di sicurezza e con personale altamente qualificato per evitare tragiche conseguenze.

Le testimonianze delle pazienti, come quella di Ana Sergia e di altre donne che hanno subito danni a causa di interventi mal eseguiti, evidenziano la necessità di una maggiore vigilanza sulle pratiche di chirurgia estetica. È fondamentale che le pazienti siano informate sui rischi e sulle procedure, oltre a poter contare su strutture sicure e professionisti esperti.

La storia di José Lizarraga Picciotti, un medico che ha operato in un contesto di inadeguatezza e negligenza, serve da monito per tutti coloro che cercano di migliorare il proprio aspetto attraverso la chirurgia estetica. È essenziale che il settore venga monitorato e che gli standard vengano elevati per garantire la sicurezza delle pazienti.

In attesa del processo, le famiglie delle vittime e i gruppi di advocacy per i diritti dei pazienti stanno facendo pressione affinché vengano adottate misure più severe contro la malasanità. La salute e la sicurezza delle persone non possono essere messe in secondo piano in nome del profitto. La morte di Ana Sergia Alcivar Chenche è un tragico promemoria della fragilità della vita e dell’importanza di una medicina etica e responsabile.