L’assemblea generale di Assofond, l’associazione di Confindustria che rappresenta le fonderie italiane, ha lanciato un allarme preoccupante sul futuro di un settore cruciale per la manifattura non solo italiana, ma anche europea. Il presidente Fabio Zanardi ha evidenziato una crisi strutturale che sta riducendo ai minimi storici i volumi produttivi, mettendo in pericolo la sostenibilità di molte aziende. La situazione è così grave che, senza un immediato cambio di rotta, è possibile che molte fonderie siano costrette a chiudere i battenti, aggravando ulteriormente la crisi industriale che ha colpito l’Italia negli ultimi anni.
Flessione della produzione e fatturato in calo
Negli ultimi 26 mesi, il settore ha subito una flessione tendenziale della produzione, con un leggero rimbalzo solo nel mese di aprile 2023 (+0,3%). Tuttavia, questo dato non basta a nascondere un trend negativo che ha visto la produzione di fonderie italiane scendere a circa 1,6 milioni di tonnellate nel 2024, segnando un calo del 12,3% rispetto all’anno precedente. Il fatturato ha subito una contrazione ancora più drammatica, con una diminuzione del 12,8%. Le fonderie di metalli ferrosi hanno registrato il calo più accentuato, con una produzione scesa del 17,2%, il livello più basso dal 1980.
Urgenza di interventi politici
L’assemblea, che si è tenuta a Soave, in provincia di Verona, ha visto la partecipazione di leader di settore, esperti e rappresentanti istituzionali. Oltre a Zanardi, è intervenuta Chiara Danieli, presidente della Eff-European Foundry Federation, per sottolineare l’urgenza di interventi concreti da parte della politica economica. In questo contesto, l’onorevole Paolo Borchia, europarlamentare e membro della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, è stato sollecitato a fornire risposte tempestive e adeguate.
Il dibattito ha incluso anche le analisi di esperti come Gianclaudio Torlizzi, consulente del Ministero della Difesa, e Massimo Beccarello, docente all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, che hanno fornito un quadro geopolitico e regolatorio attuale che pesa pesantemente sulle fonderie. La crisi energetica, che persiste dal 2021, è uno dei fattori principali che contribuiscono a questa crisi. Nonostante il 45% del mix energetico nazionale provenga da fonti rinnovabili, i prezzi dell’elettricità continuano a essere legati ai costi del gas, creando una distorsione di mercato che penalizza le imprese.
La questione dei dazi e le piccole imprese energivore
Zanardi ha avvertito che le piccole e medie imprese energivore, che costituiscono una parte significativa del settore, rischiano di non beneficiare dei sostegni statali, trovandosi in una posizione scomoda: “Troppo piccole per rientrare tra i grandi energivori, e troppo energivore per rientrare tra le PMI”. La questione dei dazi imposti dagli Stati Uniti su acciaio e alluminio ha complicato ulteriormente la situazione. Sebbene le fonderie italiane non siano tra le più colpite direttamente, l’impossibilità di essere competitive sui mercati extra-Ue ha già portato a una riduzione significativa delle esportazioni verso gli Stati Uniti, scese a 178 milioni di euro nel 2024, un calo del 44% rispetto all’anno precedente.
Zanardi ha sottolineato la necessità di una presa di coscienza a livello europeo. La spinta verso la decarbonizzazione, sebbene giustificata, rischia di portare a una deindustrializzazione se non vengono adottati approcci pragmatici. “Siamo all’ultima chiamata”, ha affermato. La richiesta di ridurre i costi energetici, semplificare le normative e garantire l’accesso alle materie prime critiche è diventata imperativa.
Strategie di rilancio per il settore
Per quanto riguarda le strategie di rilancio, il presidente di Assofond ha proposto misure concrete, a partire dal disaccoppiamento del costo dell’elettricità da quello del gas, un intervento che potrebbe portare a una significativa riduzione dei costi di produzione. L’Energy Release, che offre un disaccoppiamento per il 35% del fabbisogno delle imprese coinvolte, è un primo passo, ma resta bloccato dai rilievi della Commissione europea. Inoltre, il credito d’imposta, se riproposto e aggiornato, potrebbe rivelarsi un altro strumento utile per alleviare la pressione sui costi energetici.
La frustrazione nel settore è palpabile. Le aziende attendono da tempo risposte e azioni concrete, ma si sentono sempre più inermi di fronte a un declino che rischia di diventare irreversibile. La speranza è che le istituzioni riconoscano l’importanza delle fonderie italiane e agiscano di conseguenza, prima che sia troppo tardi. La crisi è reale e non può essere ignorata: è necessario un intervento immediato per garantire un futuro a questo settore strategico, fondamentale per l’economia italiana e per la sostenibilità della manifattura europea.