Gozzi: la drammatica situazione dell’Ilva e l’idea di un asset militare

Gozzi: la drammatica situazione dell'Ilva e l'idea di un asset militare
Il dibattito sull’Ilva, uno dei più grandi stabilimenti siderurgici d’Europa, è tornato al centro dell’attenzione, sollevando interrogativi cruciali sul futuro dell’industria italiana e sulla sicurezza strategica nazionale. Durante il convegno “Siderurgia 2050”, organizzato da Confindustria Udine e dall’Università di Udine, Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, ha espresso preoccupazioni significative riguardo alla precarietà della situazione attuale dell’Ilva, affermando che “il futuro dell’Ilva non è mai stato così incerto come oggi”.
l’Ilva come asset militare
Gozzi ha sottolineato che la questione dell’Ilva non riguarda solo l’economia, ma è intrinsecamente legata alla sicurezza nazionale. “Non possiamo aumentare le spese per la Difesa e allo stesso tempo acquistare le lamiere per Fincantieri chissà dove”, ha dichiarato, suggerendo che uno stabilimento come quello di Taranto debba essere considerato un “asset militare”. Questa affermazione mette in luce una prospettiva inedita, dove la produzione di acciaio è vista non solo come un’attività economica, ma come un elemento fondamentale per la sicurezza e l’autonomia industriale del Paese.
Il quadro desolante dell’Ilva è aggravato dai dati economici: l’impianto di Taranto sta perdendo circa 3 milioni di euro al giorno. La decisione di abbandonare la produzione di bramme, concentrandosi sulla laminazione, ha sollevato interrogativi sulla strategia. Gozzi ha messo in guardia: “È davvero una scelta strategica?”, evidenziando che il mantenimento della produzione in un impianto di tale importanza non può essere sottovalutato.
la dipendenza dall’importazione di acciaio
Le preoccupazioni non si fermano qui. Gozzi ha ribadito che “non possiamo permetterci di perdere un impianto così rilevante”, allertando sulla possibilità che l’Italia possa diventare sempre più dipendente dall’importazione di acciaio da paesi asiatici, mettendo a rischio la propria sovranità industriale.
Luigino Pozzo, presidente di Confindustria Udine, ha amplificato le preoccupazioni di Gozzi, sottolineando il ruolo strategico della siderurgia per l’industria italiana. Ha esposto la necessità di ricostruire il tessuto industriale italiano nel contesto della post-globalizzazione, avvertendo che la chiusura di stabilimenti come l’Ilva potrebbe avere ripercussioni devastanti sull’intero settore.
questioni ambientali e sfide future
Oltre alle questioni economiche e strategiche, c’è anche la questione ambientale. Gozzi ha richiamato l’attenzione sul fatto che l’Ilva è oggi uno degli impianti più “ambientalizzati” d’Europa, grazie a interventi mirati per ridurre le emissioni inquinanti. Tuttavia, ha sottolineato che “si continua a confondere ambientalizzazione con decarbonizzazione”. Questa confusione potrebbe portare a scelte sbagliate nella gestione dell’impianto, compromettendo non solo la salute dell’ambiente, ma anche quella dell’industria stessa.
La storia dell’Ilva è segnata da sfide e controversie. Dalla sua privatizzazione nel 1995, il colosso siderurgico ha affrontato gravi problemi di gestione e di inquinamento ambientale, culminati in inchieste giudiziarie e nella dichiarazione di fallimento di alcune sue controllate. Negli ultimi anni, le operazioni di risanamento hanno portato a miglioramenti significativi, ma le difficoltà economiche persistono.
In questo contesto, è cruciale la risposta delle istituzioni e del governo. Le politiche industriali devono essere ripensate, tenendo conto non solo della sostenibilità economica, ma anche della sicurezza nazionale. L’Italia deve trovare un equilibrio tra la necessità di rispettare gli impegni internazionali e la protezione delle proprie risorse strategiche.
Il destino dell’Ilva, quindi, non è solo una questione di numeri e bilanci; è una questione che tocca il cuore dell’identità industriale italiana. Con 10.000 dipendenti che lavorano per produrre 5 milioni di tonnellate di acciaio, Gozzi ha messo in evidenza l’insostenibilità della situazione attuale, paragonandola a un’epoca in cui si producevano 10 milioni di tonnellate con lo stesso numero di lavoratori.
La sfida per il futuro è duplice: garantire la sostenibilità economica dell’Ilva e promuovere una transizione verso processi produttivi più ecologici. La decarbonizzazione dell’industria siderurgica è una delle sfide più urgenti, e richiede una strategia chiara, supportata da investimenti e innovazione tecnologica. L’Ilva, con il suo potenziale per diventare un modello di produzione sostenibile, deve essere al centro di questo cambiamento, non solo per il bene dell’industria, ma per quello dell’intera nazione.