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Un terzo delle imprese italiane prevede di assumere lavoratori extra Ue entro il 2026

Un terzo delle imprese italiane prevede di assumere lavoratori extra Ue entro il 2026

Un terzo delle imprese italiane prevede di assumere lavoratori extra Ue entro il 2026

Secondo un’indagine condotta da Unioncamere e dal Centro Studi Tagliacarne, un terzo delle imprese italiane prevede di assumere lavoratori provenienti da paesi extra Unione Europea entro il 2026. Questo dato rivela una tendenza crescente in un contesto economico dove la domanda di lavoro è in aumento, ma la disponibilità di manodopera locale è in calo a causa di fattori demografici e cambiamenti nel mercato del lavoro.

Motivazioni alla base delle assunzioni

La principale motivazione che spinge le aziende a cercare personale all’estero è la carenza di lavoratori italiani, come evidenziato dal 73,5% delle imprese intervistate. L’invecchiamento della popolazione italiana sta avendo ripercussioni dirette sull’occupazione. Andrea Prete, presidente di Unioncamere, ha sottolineato che i lavoratori immigrati stanno diventando una risorsa sempre più indispensabile per il tessuto produttivo del Paese.

Investimenti nella formazione del personale straniero

Le aziende stanno mostrando una crescente disponibilità a investire nella formazione del personale straniero. Infatti, il 68,7% delle imprese che prevede assunzioni di lavoratori extra UE è disposto a destinare risorse alla loro formazione entro il 2026. Questa percentuale è significativamente superiore al 54,5% delle aziende che non assumono personale extra-UE, suggerendo che le imprese che si rivolgono all’estero sono consapevoli dell’importanza di integrare e formare adeguatamente i nuovi arrivati.

Fabbisogno di diverse figure professionali

L’indagine ha coinvolto un campione di 4.500 imprese, operanti nei settori manifatturiero e dei servizi, con un numero di dipendenti variabile tra 5 e 499. Le aziende hanno segnalato un fabbisogno di diverse figure professionali, tra cui:

  1. Operai specializzati (47,1%)
  2. Operai generici (32,6%)
  3. Lavoratori del terziario (13,3%)
  4. Artigiani (11,1%)
  5. Tecnici specializzati (9,3%)
  6. Professionisti altamente qualificati (4,9%)
  7. Manager (1,1%)

Questa tendenza verso l’assunzione di lavoratori stranieri è in linea con le politiche di integrazione e accoglienza che diversi Paesi europei stanno attuando per affrontare le sfide legate al mercato del lavoro.

Opportunità per l’Italia

La ricerca di personale straniero non è solo una questione di necessità, ma anche di opportunità. Le aziende italiane si trovano in una fase di trasformazione e modernizzazione, e la diversità culturale e professionale può contribuire a questo processo. L’inserimento di lavoratori stranieri potrebbe portare nuove idee e approcci, favorendo l’innovazione e l’efficienza all’interno delle organizzazioni.

Inoltre, il ricorso a lavoratori extra UE potrebbe avere un impatto positivo sull’economia locale. L’inserimento di nuovi lavoratori non solo contribuisce a colmare le lacune occupazionali, ma stimola anche la domanda di beni e servizi, promuovendo la crescita economica. È fondamentale, tuttavia, che ci siano politiche di integrazione efficaci per garantire che i nuovi arrivati possano inserirsi con successo nel mercato del lavoro e nella comunità.

In sintesi, l’indagine di Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne mette in luce un cambiamento significativo nel modo in cui le imprese italiane affrontano la carenza di manodopera. La crescente apertura verso l’assunzione di lavoratori stranieri rappresenta non solo una risposta alle sfide attuali, ma anche un’opportunità per rafforzare il tessuto economico e sociale del Paese. Con un’adeguata strategia di formazione e integrazione, l’Italia potrebbe non solo far fronte alle proprie esigenze occupazionali, ma anche costruire un futuro più inclusivo e dinamico.