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Leoncavallo, il Viminale accusa le Mamme antifasciste: chiesti 3 milioni per il mancato sgombero

Leoncavallo, il Viminale accusa le Mamme antifasciste: chiesti 3 milioni per il mancato sgombero

Leoncavallo, il Viminale accusa le Mamme antifasciste: chiesti 3 milioni per il mancato sgombero

La questione del centro sociale Leoncavallo di Milano si arricchisce di nuovi colpi di scena. La Corte d’Appello ha stabilito che il Ministero dell’Interno, il Viminale, è tenuto a risarcire i proprietari dell’immobile, i Cabassi, con un importo di circa 3 milioni di euro per il mancato sgombero del famoso centro sociale. Tuttavia, ora il ministero ha deciso di rivalersi nei confronti dell’associazione Mamme Antifasciste, chiedendo un rimborso che, secondo le autorità, è dovuto in quanto l’occupazione dell’immobile è proseguita nonostante i provvedimenti giudiziari che ordinavano il rilascio.

La richiesta di rimborso

L’ingiunzione di pagamento è stata notificata direttamente alla presidente dell’associazione, Marina Boer. Il Viminale ha motivato la richiesta di rimborso sostenendo che l’esborso di denaro pubblico è stato causato dall’“inottemperanza” dell’associazione ai provvedimenti che imponevano il rilascio dell’immobile occupato. È una situazione complessa, che solleva interrogativi sia legali che morali.

Storia di tensioni e ritardi

La condanna per il rimborso risale a novembre 2024, ma la questione è stata al centro di un lungo processo che ha visto i Cabassi, proprietari dell’immobile in via Watteau, ripetutamente sollecitare la Prefettura affinché fosse eseguito lo sgombero. Tuttavia, le autorità hanno sempre giustificato i ritardi con “ragioni di ordine pubblico”. In particolare, si è temuto che uno sgombero forzato potesse provocare tensioni sociali e disordini, vista la storicità e la rilevanza politica del centro sociale.

Il 26 marzo, dopo oltre un anno di attesa, la Prefettura ha finalmente provveduto a versare ai Cabassi la somma complessiva di circa 3 milioni e 175 mila euro, cifra che include anche il risarcimento per gli interessi legali e le spese processuali. Ora il Viminale chiede il rimborso all’associazione Mamme Antifasciste, che, come spiegato, non dispone di un patrimonio sufficiente per coprire questa somma. Pertanto, la responsabilità ricade sulla presidente Boer, che si trova ora a rischio di pignoramento dei beni personali.

Il futuro del Leoncavallo

La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che il Leoncavallo, uno dei centri sociali più noti d’Italia, sta affrontando una nuova scadenza per lo sfratto, fissato per il 15 luglio. Questo segna un nuovo capitolo in una saga che dura da decenni e che ha visto il centro sociale diventare un simbolo di lotta per i diritti e per l’autogestione. Nonostante i ripetuti tentativi di sgombero, il Leoncavallo ha resistito, sostenuto da una comunità di attivisti e simpatizzanti che continuano a difendere lo spazio come un luogo di cultura e aggregazione.

A marzo, in un tentativo di trovare una soluzione alternativa, l’associazione ha presentato una manifestazione di interesse per trasferirsi in uno stabile comunale situato in via San Dionigi, a Porto di Mare. Tuttavia, per rendere operativa questa nuova sede, sono necessari almeno 3 milioni di euro per la riqualificazione dell’immobile, una cifra che al momento appare difficile da ottenere, specialmente in un contesto economico già gravato dalla crisi.

Il Leoncavallo non è solo un centro sociale, ma un punto di riferimento per molte persone e gruppi che si riconoscono nei valori di solidarietà e resistenza contro le ingiustizie. La sua storia si intreccia con quella del movimento sociale italiano, caratterizzato da battaglie per i diritti civili, l’uguaglianza e la giustizia sociale. La chiusura o lo sgombero del Leoncavallo non rappresenterebbe solo la perdita di uno spazio fisico, ma anche una sconfitta per una parte della società che ha trovato in questo luogo un senso di appartenenza e di comunità.

L’intervento del Viminale e la richiesta di rimborso alle Mamme Antifasciste sollevano interrogativi sulla gestione degli spazi pubblici e sull’equilibrio tra diritto alla casa e ordine pubblico. Le decisioni politiche e le dinamiche sociali che circondano il Leoncavallo riflettono tensioni più ampie nella società italiana, dove la questione degli spazi occupati e delle politiche abitative è sempre più urgente.

In questo contesto, è importante considerare anche il ruolo delle istituzioni e come esse si rapportano con le realtà sociali presenti sul territorio. La risposta del governo e delle autorità locali alle richieste di spazi autogestiti potrebbe influenzare non solo il futuro del Leoncavallo, ma anche quello di molti altri centri sociali in Italia, in un momento in cui la crisi abitativa e sociale è sempre più pressante. La storia del Leoncavallo è, in definitiva, la storia di una lotta per il diritto alla città e per un futuro in cui gli spazi pubblici siano realmente inclusivi e accessibili per tutti.