Garlasco, l’impronta 33 mette in discussione la verità: la difesa di Sempio svela un nuovo mistero

Matteo Rigamonti

Luglio 8, 2025

La controversia riguardante l’impronta n. 33, rinvenuta sulla scena del crimine del delitto di Garlasco, continua a sollevare interrogativi e dibattiti accesi. Questo caso, che ha già avuto un impatto significativo sull’opinione pubblica italiana, si arricchisce ora di nuovi elementi grazie alla consulenza dei periti della difesa di Andrea Sempio, attualmente coinvolto nella complessa vicenda giudiziaria legata all’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto nel 2007.

le affermazioni della difesa

Secondo i consulenti di Sempio, Luciano Garofano e Luigi Bisogno, non solo la Procura di Pavia avrebbe errato nell’attribuire l’impronta al loro assistito, ma, cosa ancor più rilevante, l’impronta in questione non conterrebbe tracce di sangue, come invece sostenuto in precedenza. In una nuova integrazione depositata il 7 luglio, Garofano e Bisogno affermano che la macchia rinvenuta sul muro delle scale che portano alla cantina, dove fu trovato il corpo di Chiara, sarebbe in realtà una impronta di sudore, frutto di una manifestazione fisiologica di contatto.

Questa affermazione si inserisce in un contesto più ampio, in cui la difesa di Sempio sottolinea come i magistrati della Procura di Pavia sembrerebbero aver incappato in un “pregiudizio interpretativo”. Secondo i legali, non ci sarebbero “sufficienti segni di corrispondenza” per attribuire l’impronta n. 33 a Sempio. Inoltre, i consulenti richiamano l’attenzione su un fatto già emerso in precedenti indagini:

  1. Il Ris (Reparto Investigazioni Scientifiche) aveva escluso che l’impronta fosse insanguinata.
  2. Questo elemento, se confermato, potrebbe mettere in discussione la validità delle conclusioni raggiunte dalla Procura.

modalità di raccolta e analisi

Un altro punto cruciale sollevato dai periti riguarda la modalità di raccolta e analisi dell’impronta. Garofano e Bisogno sostengono che l’impronta n. 33 sia stata lasciata in tre fasi distinte, suggerendo una dinamica involontaria e composita, piuttosto che un’azione consapevole di Sempio. Inoltre, essi mettono in dubbio l’accuratezza dell’analisi condotta dagli esperti della Procura, ipotizzando che possano aver utilizzato un software per l’identificazione automatica di 15 punti, un metodo che, secondo loro, non sarebbe appropriato per il tipo di impronte in questione.

La difesa di Sempio non si limita a contestare l’analisi dell’impronta, ma solleva anche dubbi sull’appartenenza di cinque minuzie già individuate. Secondo i consulenti, queste sarebbero in realtà “interferenze” del muro e non segni distintivi dell’impronta di Sempio. Un ulteriore elemento di confusione viene dalla consulenza depositata dai legali della famiglia Poggi, che a sua volta ha messo in discussione l’attribuibilità dell’impronta n. 33 a Sempio.

il caso di alberto stasi

Parallelamente, la difesa di Alberto Stasi, condannato in un altro processo per l’omicidio di Chiara Poggi, sta preparando delle “osservazioni tecniche” per richiedere ai pubblici ministeri ulteriori accertamenti. I legali di Stasi sostengono che l’impronta appare “densa e carica di materiale biologico”, il che potrebbe indicare la presenza di sangue. Questo aspetto ha suscitato l’interesse di esperti e analisti, poiché la questione del materiale biologico presente sull’impronta potrebbe rivelarsi cruciale per l’intero caso.

In aggiunta, la psicologa clinica e forense Gabriella Marano ha offerto una prospettiva interessante. Intervenendo in merito alla questione, ha osservato che anche se si dovesse arrivare alla conclusione che l’impronta n. 33 sia effettivamente di Sempio, ciò non costituirebbe automaticamente un’indicazione di colpevolezza. Marano ha affermato: «Mettiamo anche il caso che la traccia 33 sia di Sempio. Ma il DNA, così come l’impronta, indica presenza, non responsabilità. Che Sempio fosse presente in quella casa e la frequentasse è un fatto noto a tutti». Questa distinzione è fondamentale, poiché mette in luce le complessità legate all’interpretazione delle evidenze forensi e alla loro applicazione nel contesto legale.

La questione dell’impronta n. 33 è solo uno degli aspetti di un caso che continua a suscitare interesse e divisione tra esperti, avvocati e l’opinione pubblica. La ricerca della verità in un contesto così carico di emozioni e implicazioni legali è un processo complesso e spesso tortuoso. L’attenzione è ora rivolta ai prossimi sviluppi del caso, con la speranza che la verità emerga chiaramente e che giustizia venga fatta per Chiara Poggi.