Proteine antiche svelano i segreti dell’evoluzione umana

Matteo Rigamonti

Luglio 11, 2025

Un’importante scoperta scientifica ha recentemente catturato l’attenzione della comunità internazionale: un gruppo di ricercatori è riuscito a estrarre e sequenziare proteine antiche risalenti a oltre 20 milioni di anni fa, utilizzando un dente fossilizzato di rinoceronte rinvenuto in Canada. Questo dente proviene dal Miocene inferiore, un’epoca caratterizzata da significativi cambiamenti climatici e biologici. La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature, è stata guidata dal biochimico Enrico Cappellini dell’Università di Copenaghen e rappresenta un passo avanti fondamentale nel campo della paleoproteomica.

La paleoproteomica e le sue sfide

La paleoproteomica è una disciplina relativamente giovane, dedicata allo studio delle proteine estratte da fossili. Fino a oggi, la maggior parte delle ricerche in questo ambito si era concentrata su campioni che risalivano a non più di 4 milioni di anni. Le proteine, più fragili rispetto al DNA, hanno presentato notevoli sfide in termini di recupero e analisi. Tuttavia, questo nuovo studio dimostra che le proteine possono persistere per periodi di tempo molto più lunghi di quanto si pensasse in precedenza, aprendo nuove prospettive per la comprensione dell’evoluzione delle specie.

Il contributo della ricerca italiana

La partecipazione italiana a questo progetto è stata fondamentale. I ricercatori della Sapienza Università di Roma, dell’Università di Tor Vergata e del Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Firenze hanno contribuito in modo significativo, fornendo e analizzando un dente di rinoceronte di circa 400.000 anni fa, proveniente dal sito di Fontana Ranuccio, situato nella provincia di Frosinone. Questo reperto ha funzionato da campione intermedio, fungendo da ponte tra i fossili più recenti e quelli molto più antichi analizzati nello studio.

Implicazioni delle scoperte

L’importanza di questo tipo di ricerca non si limita alla semplice estrazione di proteine antiche. Le sequenze ottenute permettono ai ricercatori di ricostruire le relazioni evolutive tra le varie specie, gettando nuova luce su come gli organismi si siano adattati e cambiati nel corso dei millenni. Ad esempio, analizzando le proteine estratte dal dente di rinoceronte, gli scienziati possono:

  1. Confrontare le proteine con quelle di specie viventi.
  2. Tracciare un albero genealogico più dettagliato delle specie.
  3. Ottenere informazioni sull’ecologia e il clima dell’epoca in cui questi animali vivevano.

Inoltre, il ritrovamento di proteine antiche potrebbe rivoluzionare il modo in cui si studiano le estinzioni di massa. Comprendere le proteine di organismi che hanno vissuto durante periodi critici della storia della Terra potrebbe fornire indizi su come e perché alcune specie siano sopravvissute mentre altre siano scomparse.

La ricerca sulla paleoproteomica non è priva di sfide. La conservazione delle proteine nel tempo dipende da vari fattori, tra cui la temperatura, l’umidità e la composizione del suolo in cui i fossili sono stati sepolti. Tuttavia, i risultati ottenuti finora indicano che, con le giuste condizioni, è possibile recuperare informazioni preziose anche da campioni molto antichi.

L’approccio innovativo di Cappellini e del suo team potrebbe trasformare il modo in cui i paleontologi e i biologi evoluzionisti conducono le loro ricerche, permettendo di estendere la nostra comprensione dell’evoluzione oltre i limiti imposti dal DNA antico. Con il progredire delle tecniche di estrazione e analisi, è probabile che nei prossimi anni emergeranno ulteriori scoperte che getteranno nuova luce sulla complessità della storia della vita sulla Terra.

In un’epoca in cui il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità sono temi di crescente preoccupazione, le scoperte come quella di Cappellini e del suo team non solo arricchiscono la nostra comprensione storica, ma offrono anche spunti per affrontare le sfide attuali. La paleoproteomica, quindi, non è solo una finestra sul passato, ma anche un faro per il futuro, aiutandoci a comprendere meglio il nostro posto nel mondo naturale e le dinamiche che governano la vita sulla Terra.