Il dibattito attorno all’Ex Ilva di Taranto continua a occupare un posto centrale nelle cronache locali e nazionali. Recentemente, il governatore della Puglia, Michele Emiliano, ha avanzato l’ipotesi di un accordo che non entri nel merito del rigassificatore, ma si concentri sulla quantità di gas necessaria per raggiungere gli obiettivi di produzione stabiliti. Questo approccio rimane delicato, e i sindacati, durante un incontro al Mimit, continuano a fare pressioni affinché si crei un polo industriale che includa la produzione di preridotto, una materia prima cruciale per l’acciaio.
La posizione del sindaco e le aspettative del governo
Il sindaco di Taranto, Piero Bitetti, si mostra prudente in attesa di ulteriori sviluppi. Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha auspicato che la notte possa portare consigli utili in vista dell’incontro programmato per domani con gli enti locali. L’obiettivo del governo, delineato nel piano di decarbonizzazione, è ambizioso: produrre otto milioni di tonnellate di acciaio green ogni anno, di cui sei milioni a Taranto. Questo piano è stato presentato ai sindacati durante un incontro al ministero, alla vigilia della discussione con gli enti locali riguardo all’accordo interistituzionale necessario per ottenere la nuova autorizzazione integrata ambientale e sanitaria (AIA).
Dettagli del piano di decarbonizzazione
Il piano di decarbonizzazione prevede l’installazione di tre forni elettrici nell’acciaieria pugliese e uno a Genova, insieme alla realizzazione di quattro impianti per la produzione di preridotto. Questi ultimi sono fondamentali per alimentare i nuovi forni e potrebbero essere collocati a Taranto, qualora la città accetti di ospitare una nave rigassificatrice, oppure in altri territori del Mezzogiorno, come Gioia Tauro. Tuttavia, per procedere sarà necessaria una nuova gara per trovare un acquirente, dato che il bando attualmente in corso è in fase di trattativa esclusiva con gli azeri di Baku Steel. Le nuove condizioni imposte dal piano richiedono un’accelerazione del processo di decarbonizzazione, con un abbattimento dei tempi da dodici a sette o otto anni.
Le richieste dei sindacati e le critiche al piano
I sindacati richiedono certezze concrete per il futuro dei lavoratori. Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, ha espresso la sua speranza per un accordo che consenta di proseguire nel processo di transizione. Ferdinando Uliano, leader della Fim Cisl, ha sottolineato l’importanza del preridotto, dichiarando che “senza di esso lo stabilimento rischia di non avere futuro”. Le richieste dei sindacati non si limitano alla produzione, ma si estendono anche alla gestione della transizione. Michele De Palma, capo della Fiom Cgil, ha evidenziato la necessità che sia “un capitale pubblico” a guidare il processo di decarbonizzazione, coinvolgendo attivamente i lavoratori.
Dall’altra parte, Pino Gesmundo, segretario confederale della Cgil, ha criticato la bozza del piano, definendola carente di dati e numeri sul piano occupazionale. Mentre il ministro Urso si è mostrato determinato a “decidere subito”, le trattative per raggiungere un accordo interistituzionale con il Comune di Taranto e la Regione Puglia proseguono.
La situazione rimane complessa e delicata, con numerosi attori in gioco e un futuro incerto per l’industria dell’acciaio a Taranto. La questione del rigassificatore, in particolare, rappresenta un nodo cruciale nel dibattito, e la sua esclusione dall’accordo potrebbe avere ripercussioni significative sulla capacità dello stabilimento di adattarsi alle nuove sfide ambientali e economiche. Mentre l’attenzione si concentra sui prossimi sviluppi, la città di Taranto continua a sperare in un futuro sostenibile per i suoi lavoratori e per l’industria locale.