Si sta aprendo un nuovo e delicato fronte tra l’Italia e la Commissione Europea, incentrato sull’applicazione dei poteri speciali del golden power da parte del governo italiano in relazione all’acquisizione di Banco Bpm da parte di UniCredit. Il decreto emesso il 18 aprile ha suscitato l’attenzione delle autorità comunitarie, le quali hanno già inviato un parere preliminare all’Italia, esprimendo dubbi sulla sua compatibilità con il diritto dell’Unione Europea. Questa situazione potrebbe portare a un contenzioso formale tra Roma e Bruxelles, un’evenienza che nessuno desidera vedere concretizzarsi.
Reazioni del governo italiano
La reazione del governo italiano non si è fatta attendere. Palazzo Chigi ha assicurato che risponderà in modo collaborativo alle preoccupazioni sollevate dalla Commissione. Tuttavia, la polemica politica è subito esplosa, con il leader della Lega, Matteo Salvini, che ha attaccato Bruxelles, accusandola di “rompere le scatole” e di distrarsi da questioni più rilevanti. Le opposizioni, da parte loro, hanno parlato di “figuraccia internazionale”, chiedendo il ritiro immediato del decreto, che a loro avviso potrebbe costituire una violazione delle normative europee.
Dubbi della Commissione Europea
In particolare, la Commissione ha sottolineato che il decreto potrebbe infrangere l’articolo 21 del Regolamento UE sulle concentrazioni e altre disposizioni del diritto dell’Unione. Questo articolo stabilisce che le misure adottate dagli Stati membri a tutela degli interessi legittimi, come la sicurezza pubblica, debbano essere proporzionate e compatibili con il diritto dell’UE. Thomas Regnier, portavoce dell’esecutivo comunitario, ha messo in evidenza i dubbi relativi al rispetto di queste condizioni da parte del decreto italiano.
Secondo fonti a Bruxelles, le preoccupazioni non riguardano solo i requisiti per l’approvazione dell’operazione, ma anche la possibilità per l’Italia di imporre tali misure. Infatti, la fusione tra UniCredit e Banco Bpm è di competenza europea e la questione della notifica preventiva rappresenta un ulteriore elemento critico. Questo porta a una riflessione più ampia sulle norme che regolano non solo le fusioni, ma anche il libero movimento dei capitali all’interno dell’Unione.
Conseguenze e sviluppi futuri
Se le risposte dell’Italia non dovessero soddisfare le richieste di Bruxelles, la Commissione potrebbe decidere di emettere un’ordinanza legalmente vincolante, ordinando il ritiro del decreto. In questo contesto, il governo italiano ha dichiarato che fornirà chiarimenti alle autorità europee, come già avvenuto in precedenti occasioni giurisdizionali. Antonio Tajani, ministro degli Esteri e vicepremier, ha sostenuto che le questioni sollevate dalla Commissione rientrano nelle competenze europee, ribadendo l’importanza di una gestione equilibrata delle normative.
Dall’altro lato, Matteo Salvini ha alzato i toni, lamentando che l’Unione Europea dovrebbe concentrarsi su questioni più rilevanti, come le relazioni con gli Stati Uniti, piuttosto che su tematiche che, a suo avviso, non meritano tanta attenzione. Ha dichiarato: “Il sistema bancario è un asset strategico per il Paese, l’Italia può e deve normare come ritiene, senza che da Bruxelles nessuno si permetta di intervenire.” Questa posizione riflette un sentimento diffuso tra molti esponenti del governo, i quali vedono nel golden power uno strumento fondamentale per la salvaguardia degli interessi nazionali.
Le opposizioni non sono state meno critiche. Antonio Misiani del Partito Democratico ha descritto la situazione come “una sconfitta su tutta la linea” per il governo, in particolare per il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Gaetano Pedullà, del Movimento 5 Stelle, ha descritto la situazione come un’ulteriore “figuraccia internazionale” per l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Le pressioni politiche sui leader di governo sono quindi cresciute, mentre si avvicina la scadenza per la risposta a Bruxelles, fissata in 20 giorni.
I mercati finanziari stanno seguendo con attenzione l’evolversi della situazione, con le azioni di Banco Bpm che hanno registrato un incremento del 5,2%, mentre UniCredit ha visto un aumento più modesto dello 0,5%. Questi dati riflettono l’incertezza e la speculazione che circondano l’esito dell’operazione, oltre al potenziale impatto delle decisioni politiche che saranno prese nei prossimi giorni.
Inoltre, va sottolineato che il governo italiano ha aperto un altro fronte di dialogo con Bruxelles riguardo al golden power. La Commissione ha avviato la procedura informale dell’‘Eu Pilot’ sulla legge relativa a questo strumento, e il ministero dell’Economia e delle Finanze ha già fornito risposte in merito. Tuttavia, il rischio di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia rimane concreto, amplificando ulteriormente le preoccupazioni politiche ed economiche.
In questo scenario complesso e delicato, l’Italia si trova a dover navigare tra le esigenze di protezione degli interessi nazionali e le normative europee, con la consapevolezza che le prossime settimane saranno cruciali per il futuro della fusione tra UniCredit e Banco Bpm e per le relazioni tra Roma e Bruxelles.