Il caso del delitto di Garlasco continua a suscitare grande interesse e preoccupazione, soprattutto dopo il recente ritrovamento di un nuovo profilo genetico, noto come «Ignoto 3». Questo profilo è stato rinvenuto nel cavo orofaringeo di Chiara Poggi, la giovane vittima dell’omicidio avvenuto nel 2007. La scoperta ha riacceso i riflettori su possibili contaminazioni delle prove e sull’affidabilità delle tecniche di raccolta del DNA utilizzate all’epoca.
Nuove scoperte e indagini in corso
Le ultime notizie indicano che il DNA maschile di «Ignoto 3» è stato escluso come appartenente a due dei principali sospettati: Alberto Stasi, ex fidanzato di Chiara, e Andrea Sempio, un ex amico della vittima. Questa esclusione ha spinto gli inquirenti a considerare altre piste, focalizzandosi su due possibilità:
- Il DNA potrebbe appartenere a un uomo presente sulla scena del crimine.
- Potrebbe trattarsi di una contaminazione avvenuta durante le operazioni di soccorso o l’autopsia.
L’ipotesi di contaminazione è supportata da un nuovo profilo genetico trovato durante un incidente probatorio, che sembra essere compatibile con un assistente del medico legale che effettuò l’autopsia nel 2007. Questo elemento ha riaperto il dibattito sull’affidabilità delle tecniche di raccolta delle prove e sulla qualità del lavoro svolto dagli esperti.
Controversie sulla raccolta del DNA
Un aspetto cruciale della questione è la modalità di raccolta del materiale genetico. Gli investigatori hanno utilizzato una garza di stoffa anziché un tampone orale, una scelta che ha suscitato polemiche tra gli esperti. Luciano Garofano, genetista di fama e ex comandante del Ris, ha evidenziato che «una garza può facilmente essere contaminata da più profili genetici, rendendo i risultati poco affidabili». Anche Denise Albani, consulente del gip, ha espresso preoccupazione riguardo alle modalità di prelievo, promettendo un approfondimento su chi fosse presente al momento dell’autopsia.
La fase delicata delle indagini
Il delitto di Garlasco è rimasto insoluto per anni, e ogni nuovo sviluppo ha il potenziale di influenzare pesantemente le indagini. Con una quantità di DNA trovata che si presume essere «infinitesimale», gli esperti ipotizzano che si tratti più di un errore umano che di un gesto violento e intenzionale. Di conseguenza, è stata avviata una serie di confronti genetici con almeno 30 persone che hanno avuto contatti con il corpo di Chiara Poggi, tra cui tecnici forensi, medici legali, soccorritori e addetti alla riesumazione.
L’attenzione degli inquirenti si concentra non solo sulle persone coinvolte direttamente nel caso, ma anche su eventuali testimoni o figure marginali che potrebbero aver avuto un ruolo nel contesto dell’omicidio. La gestione delle prove, la corretta raccolta e la conservazione sono aspetti fondamentali che possono influenzare enormemente i risultati delle indagini.
In conclusione, il caso di Garlasco continua a rappresentare una sfida per il sistema giudiziario italiano e per le investigazioni forensi. Le polemiche sull’affidabilità delle tecniche di raccolta del DNA pongono interrogativi sulla fiducia nelle evidenze scientifiche all’interno di un processo legale. Le prossime settimane saranno decisive per determinare se il profilo di «Ignoto 3» porterà a nuovi sviluppi significativi o se si rivelerà solo l’ennesima complicazione in un caso già intricato.