Depistaggi nel caso Cucchi: verità e giustizia tra condanne e assoluzioni

Matteo Rigamonti

Luglio 17, 2025

Si chiude un capitolo drammatico e complesso della lunga battaglia giudiziaria legata alla morte di Stefano Cucchi, un geometra romano deceduto nel 2009 dopo un arresto da parte dei carabinieri. A distanza di oltre 15 anni dai tragici eventi che hanno scosso l’Italia e suscitato un ampio dibattito pubblico sulla violazione dei diritti umani e sull’abuso di potere, il Tribunale di Roma ha emesso una nuova sentenza. Questa riguarda i depistaggi orchestrati per ostacolare l’accertamento della verità sulla morte di Cucchi, che è diventata simbolo delle ingiustizie subite da molti cittadini.

Le condanne e l’assoluzione

Nella sentenza, il giudice monocratico ha inflitto una condanna di quattro anni all’ex capitano Prospero Fortunato e di tre anni e sei mesi al maresciallo Giuseppe Perri, entrambi accusati di falso e depistaggio. Al contrario, Maurizio Bertolino, ex maresciallo della stazione dei carabinieri di Tor Sapienza, è stato assolto “perché il fatto non sussiste”. Quest’ultima decisione ha suscitato un mix di delusione e soddisfazione tra coloro che hanno seguito da vicino le vicende legate a questo caso emblematico.

Il termine “depistaggio” è diventato un mantra in questo processo, evidenziando la manipolazione delle prove e delle testimonianze da parte di alcuni membri delle forze dell’ordine. Il pubblico ministero Giovanni Musarò, che ha condotto l’inchiesta con determinazione, ha descritto l’attività illecita come un vero e proprio «depistaggio sui depistaggi». Musarò ha sottolineato come un intero Paese sia stato ingannato per oltre sei anni, a causa di un “muro di omertà” che ha avvolto l’Arma nei primi anni dopo la morte di Cucchi.

La battaglia legale della famiglia Cucchi

Il caso Cucchi ha avuto inizio il 15 ottobre 2009, quando Stefano venne arrestato per possesso di sostanze stupefacenti. Durante la detenzione, il giovane subì pesanti maltrattamenti, che portarono alla sua morte il 22 ottobre dello stesso anno. La sua storia ha scosso l’opinione pubblica e ha portato alla luce gravi questioni legate alla brutalità delle forze dell’ordine e alla gestione della giustizia in Italia. La battaglia legale della famiglia Cucchi è stata lunga e tortuosa, culminando in diversi processi per omicidio e depistaggio.

Nel corso delle indagini, è emerso che l’ex capitano Fortunato e il maresciallo Perri avrebbero falsificato documenti e fornito dichiarazioni false per coprire le responsabilità delle forze dell’ordine. Fortunato, in particolare, è accusato di aver alterato un memoriale di servizio per nascondere la presenza di due suoi sottoposti in Questura. Bertolino, invece, era accusato di aver omesso l’esistenza di un dossier interno sul caso Cucchi, ma il giudice ha ritenuto di non avere sufficienti prove per condannarlo.

Le reazioni alla sentenza

Le reazioni alla sentenza non si sono fatte attendere. Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ha espresso il suo profondo rammarico per il lungo percorso di giustizia e per il dolore che la famiglia ha dovuto affrontare. Ha commentato la sentenza affermando che, sebbene ci siano state due condanne, il processo più duro è stato proprio quello legato ai depistaggi. Ilaria ha sottolineato l’importanza della verità e della giustizia, non solo per la sua famiglia, ma per tutti coloro che si sono trovati in situazioni simili.

In un post su Instagram, la senatrice ha voluto ringraziare pubblicamente il pubblico ministero Musarò, affermando: «Sono sempre le persone che fanno la differenza. Persone come il dott. Giovanni Musarò. Il Pm Musarò ha ridato fiducia a me, alla mia famiglia e, ne sono sicura, a tantissimi cittadini che in questi anni hanno provato sulla propria pelle cosa significa sentirsi soli, in un’aula di tribunale». Le sue parole rivelano non solo il dolore per la perdita del fratello, ma anche la speranza che la giustizia possa finalmente prevalere.

Un appello per la giustizia e le riforme

La questione dei depistaggi ha aperto un dibattito più ampio sulla necessità di riforme nelle forze dell’ordine e nel sistema giudiziario italiano. Molti esperti e attivisti chiedono una maggiore trasparenza e responsabilità per evitare che simili episodi possano ripetersi in futuro. La vicenda Cucchi ha messo in luce la fragilità del rapporto tra cittadini e istituzioni, evidenziando l’urgenza di un cambiamento culturale profondo all’interno delle forze dell’ordine.

Il caso Cucchi ha anche ispirato un crescente movimento di attivismo, con numerosi cittadini e organizzazioni che si sono mobilitati per chiedere giustizia e riforme. La memoria di Stefano Cucchi continua a vivere attraverso le testimonianze di chi ha lottato al suo fianco, e i recenti sviluppi nel processo rappresentano un passo importante verso la verità. La lotta per la giustizia non è solo una questione personale per Ilaria e la sua famiglia, ma un appello collettivo a non dimenticare e a non tollerare mai più l’ingiustizia.