La recente ricerca pubblicata sulla rivista Nature ha rivelato un dato allarmante: nell’Oceano Atlantico settentrionale si trovano 27 milioni di tonnellate di nanoplastiche. Questi frammenti minuscoli, che misurano meno di un millionesimo di millimetro, rappresentano una minaccia significativa non solo per l’ambiente marino, ma anche per la salute umana. Condotto da un team di ricercatori dell’Università di Utrecht e dell’istituto oceanografico olandese Nioz, lo studio ha portato a una stima che è pari a quella della plastica dispersa in tutto l’oceano.
I dettagli della ricerca
Guidato dalla dottoressa Sophie ten Hietbrink, il team ha intrapreso un viaggio di quattro settimane a bordo della nave da ricerca Pelagia, raccogliendo campioni d’acqua in 12 località diverse, dalle Azzorre alla piattaforma continentale europea. I risultati hanno rivelato che:
- A una profondità di 10 metri, la concentrazione media di nanoplastiche era di 18 milligrammi per metro cubo d’acqua.
- Vicino al fondale, si è registrato un valore di 5,5 milligrammi per metro cubo.
- Nelle acque costiere europee, i livelli sono saliti a 25 milligrammi per metro cubo.
Le nanoparticelle più comuni riscontrate sono quelle di polietilene tereftalato (PET), polistirene (PS) e cloruro di polivinile (PVC), materiali utilizzati in bottiglie di plastica, pellicole alimentari e posate usa e getta. La dottoressa Ten Hietbrink ha definito questa scoperta “sconvolgente”, poiché risolve un importante paradosso: gran parte della plastica prodotta a livello globale è presente sotto forma di particelle così piccole da sfuggire ai metodi di rilevamento tradizionali.
Impatti sulla salute umana e sull’ecosistema
Le nanoplastiche non rappresentano solo un problema ambientale, ma hanno anche ripercussioni dirette sulla salute umana. Il ricercatore Helge Niemann ha avvertito che queste particelle possono penetrare nel corpo umano, arrivando fino al tessuto cerebrale. Questo solleva interrogativi gravi sulla salute degli esseri umani e sull’intero ecosistema marino. Niemann ha dichiarato che “le nanoplastiche penetrano in tutto l’ecosistema marino, dai batteri ai pesci e ai predatori apicali come gli esseri umani”.
È importante sottolineare che le nanoplastiche disperse negli oceani non potranno mai essere completamente ripulite, rendendo cruciale la prevenzione di ulteriori inquinamenti. La crescente consapevolezza riguardo alla presenza di nanoplastiche ha spinto molte organizzazioni e governi a rivedere le loro politiche sull’uso e lo smaltimento della plastica.
Iniziative globali e sfide future
In Europa, sono stati introdotti provvedimenti legislativi, come la Direttiva Europea sulla Plastica Monouso, che mira a ridurre l’uso di prodotti in plastica monouso e promuovere pratiche più sostenibili. Tuttavia, la sfida rimane enorme. Le stime sulle nanoplastiche e il loro impatto sull’ambiente e sulla salute umana richiedono un’azione concertata a livello globale.
Le nanoplastiche non solo contaminano gli oceani, ma possono anche accumularsi nella catena alimentare, influenzando la salute degli organismi marini e, di conseguenza, quella degli esseri umani che li consumano. Alcune specie marine, come molluschi e pesci, possono ingerire queste particelle, portando a potenziali effetti tossici.
In questo contesto, è fondamentale che la comunità scientifica continui a monitorare e studiare la diffusione delle nanoplastiche negli oceani e le loro conseguenze. Solo con una ricerca approfondita e un’azione coordinata sarà possibile affrontare questa crisi ambientale e proteggere sia la salute degli ecosistemi marini sia quella dell’umanità. La lotta contro l’inquinamento da plastica richiede un approccio integrato che coinvolga scienziati, governi, industrie e cittadini, affinché si possa costruire un futuro più sostenibile e sano per il nostro pianeta.