I robot con metabolismo: la nuova frontiera della crescita e della guarigione

Giada Liguori

Luglio 18, 2025

Recentemente, un team di ricercatori della Columbia University ha fatto un passo rivoluzionario nello sviluppo della robotica, dando vita ai primi robot dotati di un metabolismo meccanico. Questi innovativi dispositivi non solo possono crescere fisicamente e adattarsi alle circostanze, ma sono anche in grado di ripararsi autonomamente utilizzando materiali provenienti dal loro ambiente o da altri robot. Sebbene non siano ancora i robot autoreplicanti che abbiamo visto nei film di fantascienza, la loro creazione segna un importante passo verso macchine sempre più autonome e resilienti, capaci di operare in ambienti complessi.

L’importanza dell’autonomia nei robot

L’idea di robot che possano prendersi cura di sé stessi è stata al centro dello studio condotto nel laboratorio Creative Machines. Come sottolinea Hod Lipson, direttore del laboratorio, la società sta progressivamente delegando sempre più compiti ai robot. “Dalle auto senza conducente alla produzione automatizzata, fino alla difesa e all’esplorazione spaziale, chi si prenderà cura di questi robot?”, si chiede Lipson. Questa domanda mette in luce una delle sfide principali nel campo della robotica: la manutenzione delle macchine autonome. Se vogliamo che i robot svolgano ruoli sempre più complessi, devono essere in grado di gestire anche la loro manutenzione.

Un approccio ispirato alla vita biologica

Philippe Martin Wyder, autore principale dello studio, aggiunge che “una vera autonomia significa che i robot non devono solo pensare autonomamente, ma anche sostenersi fisicamente”. Questo approccio si ispira alla vita biologica, dove gli organismi crescono e si adattano integrando risorse dal loro ambiente. I robot sviluppati dai ricercatori possono ora fare lo stesso:

  1. Crescono
  2. Si adattano
  3. Si riparano

Un processo dimostrato utilizzando un robot modulare ispirato al giocattolo Geomag. Questo dispositivo è formato da barre magnetiche dotate di connettori che possono unirsi ad altri moduli, creando strutture tridimensionali sempre più complesse.

Applicazioni future e sfide etiche

L’implementazione di sistemi capaci di utilizzare il metabolismo robotico avrà inizialmente applicazioni specializzate, ad esempio in situazioni di emergenza o nell’esplorazione spaziale. In scenari di crisi, come terremoti o disastri naturali, questi robot autonomi potrebbero ripararsi e adattarsi per affrontare condizioni impreviste, fornendo supporto in modo più efficiente rispetto ai robot tradizionali, che necessitano di assistenza umana per funzionare correttamente.

Inoltre, la possibilità di costruire strutture fisiche attraverso l’azione combinata di robot autonomi potrebbe trasformare anche il modo in cui concepiamo l’architettura e la costruzione. Proprio come oggi le persone scrivono o riorganizzano parole in un’email, un giorno potremmo assistere a robot che creano e assemblano oggetti fisici in tempo reale, rendendo possibile la realizzazione di progetti complessi senza la necessità di un intervento umano diretto.

Questo sviluppo rappresenta anche una sfida etica e filosofica. Con l’aumento dell’autonomia dei robot, ci si deve interrogare su come definirne il ruolo nella società. Se i robot possono crescere, ripararsi e forse un giorno anche riprodursi, quali responsabilità avremo nei loro confronti? E quali implicazioni avrà tutto ciò per il lavoro umano? Queste domande rimangono aperte e richiedono un attento esame da parte di scienziati, filosofi e politici.

In conclusione, il lavoro della Columbia University segna un’importante pietra miliare nella robotica. I robot dotati di metabolismo meccanico possono trasformare il nostro approccio alla tecnologia e alla sua integrazione nelle nostre vite quotidiane. Con il potenziale di rendere le macchine non solo più intelligenti, ma anche fisicamente autonome, questo sviluppo potrebbe cambiare radicalmente il panorama della tecnologia e la nostra interazione con essa, aprendo la strada a un futuro in cui i robot non sono solo strumenti, ma veri e propri collaboratori autonomi.