Poliziotto indagato per perquisizione umiliante a un’attivista di Extinction Rebellion

Matteo Rigamonti

Luglio 18, 2025

L’episodio che ha scosso Bologna e suscitato un acceso dibattito pubblico riguarda un’indagine che coinvolge un sostituto commissario della questura emiliana, accusato di aver perpetrato una perquisizione arbitraria nei confronti di alcune attiviste del movimento ambientalista Extinction Rebellion (XR). Questo incidente, risalente a luglio 2024, ha portato alla denuncia di una delle attiviste, la quale ha rivelato di essere stata costretta a spogliarsi in un bagno e di aver ricevuto l’ordine di eseguire esercizi fisici, come piegamenti sulle gambe.

L’attenzione della giustizia italiana è stata attirata da questo caso, portando il tribunale di Bologna a richiedere l’iscrizione del poliziotto nel registro degli indagati, nonostante le precedenti richieste di archiviazione da parte della procura. La donna coinvolta, supportata dal legale Ettore Grenci e dal movimento XR, ha sollevato interrogativi sull’adeguatezza e la legalità delle procedure adottate dalla polizia.

le accuse e la risposta del gip

Nell’ordinanza del giudice per le indagini preliminari (gip), si afferma che la perquisizione eseguita nei confronti delle attiviste «deve ritenersi eseguita fuori dai casi previsti dalla legge e comunque con modalità tali da renderla abusiva». Il gip ha ulteriormente evidenziato che la giustificazione presentata dal commissario per l’operazione, mirata a rintracciare strumenti per atti di autolesionismo, appare «inverosimile» e priva di fondamento normativo. Questo riconoscimento da parte dell’autorità giudiziaria ha suscitato una forte reazione, non solo da parte degli attivisti, ma anche da funzionari e politici.

le ripercussioni politiche

L’episodio ha avuto ripercussioni anche in Parlamento, dove è stata sollevata una serie di interrogazioni da parte di esponenti dell’opposizione. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha risposto in tv, sostenendo che le perquisizioni rientrano in una «pratica operativa» consentita in determinate circostanze. Ha inoltre affermato che tutte le operazioni sono state condotte nella «piena regolarità», un’affermazione che ha sollevato ulteriori critiche, specialmente alla luce delle decisioni del gip.

la posizione di extinction rebellion

Il movimento Extinction Rebellion ha espresso la propria posizione tramite un comunicato, evidenziando come le affermazioni del governo contrastino con le conclusioni del giudice. «In uno stato democratico non può esserci spazio per una gestione dell’ordine pubblico basata su abusi e intimidazioni», si legge nel comunicato, richiamando l’attenzione su un fenomeno che, secondo gli attivisti, sta diventando sempre più comune nelle pratiche di polizia italiane. La denuncia di Valentina, l’attivista coinvolta, è un grido di allerta per chiunque creda nel diritto di esprimere dissenso senza timore di subire trattamenti arbitrari.

La questione solleva interrogativi più ampi sulla gestione dell’ordine pubblico e il rispetto dei diritti civili in Italia. Le modalità di intervento della polizia, specialmente nei confronti di movimenti sociali e ambientalisti, sono spesso oggetto di dibattito. Le immagini di manifestazioni pacifiche che si trasformano in scontri con le forze dell’ordine sono diventate tristemente familiari, provocando una crescente preoccupazione tra i cittadini riguardo all’uso della forza.

In questo contesto, la testimonianza di Valentina ha un forte valore simbolico. «A distanza di un anno mi viene restituita la mia dignità», ha dichiarato, sottolineando l’importanza di rendere giustizia non solo a lei, ma a tutte le persone che hanno subito trattamenti simili senza avere la possibilità di difendersi. Le sue parole risuonano come un richiamo alla responsabilità da parte delle istituzioni, affinché venga garantito il rispetto dei diritti fondamentali di ogni individuo.

Mentre il caso continua a svilupparsi, la comunità di Bologna e il movimento Extinction Rebellion sperano che questa vicenda possa portare a una riflessione più profonda sulla necessità di riformare le pratiche di polizia e di promuovere un approccio più rispettoso dei diritti umani. La questione delle perquisizioni arbitrarie e delle pratiche vessatorie nella gestione dell’ordine pubblico è un tema che merita di essere affrontato con urgenza, affinché si possa costruire una società più giusta e rispettosa della dignità di ogni persona.

Questo episodio, dunque, non è solo una questione di giustizia per un singolo individuo, ma rappresenta una battaglia più ampia per il rispetto dei diritti civili e della libertà di espressione, valori fondamentali in una democrazia. La speranza è che, attraverso il dibattito e la pressione della società civile, si possa giungere a un cambiamento significativo nella gestione delle forze dell’ordine in Italia.