Cub avverte: emendamento al decreto Ilva potrebbe riportarci alle gabbie salariali

Giada Liguori

Luglio 20, 2025

L’emendamento al Decreto Ilva, presentato dal partito Fratelli d’Italia in Senato, ha acceso un acceso dibattito tra le forze sindacali e il governo, poiché potrebbe segnare il ritorno delle tanto temute gabbie salariali. Queste ultime si riferiscono a un sistema retributivo che collega la retribuzione dei lavoratori al costo della vita nel luogo in cui svolgono la loro attività lavorativa. La Confederazione Unitaria di Base (Cub) ha già annunciato una serie di proteste nei luoghi di lavoro e presidi di fronte a Palazzo Madama, dove la norma potrebbe essere approvata la prossima settimana.

Dettagli dell’emendamento

L’emendamento in questione, nel suo comma 3, stabilisce che il giudice può determinare la retribuzione dei lavoratori solo se viene accertata una grave inadeguatezza dello standard retributivo stabilito dal contratto collettivo di lavoro per il settore e la zona di svolgimento della prestazione. Questo accertamento deve tenere conto dei livelli di produttività del lavoro e degli indici del costo della vita, come definiti dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat).

Inoltre, il comma 4 aggiunge un ulteriore elemento di preoccupazione per i sindacati:

  1. Se il giudice accerta la grave inadeguatezza e indica una retribuzione proporzionata e sufficiente, come previsto dall’articolo 36 della Costituzione italiana,
  2. Non potrà condannare il datore di lavoro al pagamento di differenze retributive o contributive per il periodo precedente alla manifestazione della rivendicazione da parte del lavoratore.

Questo significa che un datore di lavoro che applica lo standard retributivo previsto dal contratto collettivo per il settore e la zona di lavoro potrebbe non essere ritenuto responsabile per eventuali disparità retributive emerse nel passato.

Le preoccupazioni della Cub

La Cub esprime forte preoccupazione per questo emendamento, evidenziando il rischio che si possa tornare a una situazione in cui le retribuzioni variano significativamente a seconda della regione o della città in cui si lavora, piuttosto che essere uniformi e giuste secondo i contratti nazionali. Questo rappresenterebbe un pericolo concreto per la dignità dei lavoratori e per la loro sicurezza economica.

Il dibattito sulle gabbie salariali in Italia non è nuovo; negli anni passati, la questione ha suscitato polemiche e tensioni significative, con i sindacati che si sono opposti fermamente a qualsiasi misura che potesse favorire una concorrenza al ribasso tra i lavoratori. Le gabbie salariali tendono a creare una divisione tra i lavoratori a seconda delle aree geografiche, portando a una diminuzione del potere d’acquisto e a una crescente precarizzazione del lavoro. Con l’attuale crisi economica e l’inflazione in aumento, la proposta di differenziare le retribuzioni in base al costo della vita potrebbe aggravare ulteriormente le disuguaglianze già esistenti.

Mobilitazione e diritti dei lavoratori

La Cub, come rappresentante di una parte significativa dei lavoratori italiani, sta mobilitando i suoi membri e sostenitori per far sentire la propria voce contro questa modifica legislativa. Le proteste previste hanno l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e i decisori politici sulla gravità della situazione. L’idea di un ritorno a un sistema di retribuzione differenziato non solo contrasta con i principi di uguaglianza e giustizia sociale, ma potrebbe anche portare a un clima di conflitto tra diverse categorie di lavoratori.

In aggiunta, è importante sottolineare che la questione delle retribuzioni è strettamente legata alla più ampia discussione su diritti dei lavoratori e condizioni di lavoro. Negli ultimi anni, le battaglie sindacali si sono concentrate su temi come il salario minimo, la sicurezza sul lavoro, e la lotta contro la precarietà. L’introduzione di gabbie salariali potrebbe minare anni di progressi in questo campo, rendendo necessario un ripensamento delle strategie di difesa dei diritti dei lavoratori.

In questo contesto, l’allerta della Cub si pone come un campanello d’allarme per tutti coloro che credono in un mercato del lavoro equo e giusto. L’auspicio è che le istituzioni ascoltino le preoccupazioni espresse dai sindacati e che si avvii un confronto serio e costruttivo per trovare soluzioni adeguate che tutelino i diritti di tutti i lavoratori, senza discriminazioni geografiche o di altra natura. La lotta contro le gabbie salariali è, quindi, un tema cruciale non solo per il presente, ma anche per il futuro del lavoro in Italia.