Il 20 maggio 2023 segna un importante capitolo nella lotta contro la mafia in Italia, in particolare a Bari. Dopo un lungo iter giudiziario durato oltre sette anni, Monica Laera, 51 anni, è stata arrestata. Conosciuta come la moglie di Lorenzo Caldarola, uno dei capi storici del clan mafioso Strisciuglio, Laera è stata condannata a un anno e quattro mesi di reclusione per lesioni personali aggravate e minacce con metodo mafioso ai danni della giornalista del Tg1 Maria Grazia Mazzola. Questo caso rappresenta un precedente significativo nella tutela dei giornalisti che operano in contesti ad alto rischio.
L’aggressione alla giornalista
L’aggressione che ha portato alla condanna di Laera è avvenuta il 9 febbraio 2018, un giorno che ha segnato la vita professionale di Mazzola. L’inviata speciale del Tg1 si era recata nel quartiere Libertà di Bari per realizzare un’inchiesta sulla relazione tra giovani e mafia. Durante l’intervista a Ivan Caldarola, figlio di Laera, la situazione è rapidamente degenerata. Mentre Mazzola si avvicinava all’abitazione, è stata affrontata da Monica Laera, che, visibilmente agitata, ha intimato alla giornalista di allontanarsi. In pochi attimi, Laera ha sferrato uno schiaffo violento al volto di Mazzola, causando un trauma con prognosi di dieci giorni.
Il processo e la condanna
Il processo che ne è seguito ha evidenziato le difficoltà nella lotta contro la criminalità organizzata e le sfide che i giornalisti affrontano quotidianamente. La condanna di Laera è stata emessa in primo grado nel 2021, confermata in appello nel 2024, fino a diventare definitiva con la sentenza della Corte di Cassazione lo scorso 20 maggio. Solo oggi, a seguito dell’ordine di carcerazione, la polizia ha potuto eseguire l’arresto di Monica Laera, che ora dovrà scontare la sua pena nel carcere di Trani.
Un esempio di resilienza
Questo episodio non è isolato, ma rappresenta un triste esempio di come la mafia possa tentare di intimidire i giornalisti. La professione giornalistica, specialmente in contesti come Bari, è spesso messa a dura prova da minacce e violenze. Maria Grazia Mazzola ha continuato a esercitare la sua professione con determinazione, dimostrando che la paura non può vincere sulla necessità di informare. Il suo impegno per la verità e la giustizia è un esempio di resilienza e coraggio.
Il video dell’aggressione ha suscitato un’ampia discussione sull’importanza di proteggere i giornalisti e garantire loro un ambiente di lavoro sicuro. La diffusione di questi contenuti è fondamentale per sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo ai rischi che i cronisti affrontano e alle pressioni esercitate dalle organizzazioni mafiose.
La vicenda di Monica Laera e Maria Grazia Mazzola è emblematica di una lotta più ampia contro la criminalità organizzata e la cultura del silenzio. Le istituzioni, le associazioni di giornalisti e la società civile devono unire le forze per garantire che simili atti di violenza non rimangano impuniti. Solo così si potrà sperare in un futuro in cui la verità e la giustizia prevalgano su intimidazioni e minacce.