I genitori di Andrea Papi chiedono giustizia: l’orsa Jj4 è in Germania, riapriamo il caso

Matteo Rigamonti

Luglio 21, 2025

La tragedia che ha colpito la famiglia Papi nel mese di aprile 2023 ha scosso profondamente la comunità della Valle di Sole, in Trentino. Andrea Papi, un giovane di 26 anni, è stato tragicamente ucciso dall’orsa Jj4 mentre si trovava in montagna. Questo evento ha sollevato un acceso dibattito sulla gestione della fauna selvatica e sulla sicurezza delle persone che frequentano le aree montane. Oggi, a distanza di mesi dalla tragedia, Carlo e Franca Papi, i genitori di Andrea, si trovano a dover affrontare un ulteriore colpo: la paura che il caso possa essere archiviato definitivamente, ora che l’orsa è stata trasferita in Germania, presso l’Alternative Wolf and Bear Park nella Foresta Nera.

La richiesta di verità e giustizia

«Vogliamo verità e giustizia», affermano i genitori in una recente intervista rilasciata all’agenzia di stampa Ansa. La loro richiesta è chiara e urgente: «Non abbiamo mai chiesto l’abbattimento dell’orsa, vogliamo bene agli animali. Ma la giustizia per nostro figlio non ci è stata data». La sensazione di impotenza e frustrazione è palpabile nelle loro parole, mentre cercano di comprendere come sia possibile affermare che non ci siano colpevoli per la morte di Andrea.

La responsabilità della tragedia

Secondo i genitori, la responsabilità della tragedia non può essere attribuita semplicemente a un incontro sfortunato tra un uomo e un animale selvatico. Sottolineano che l’orsa Jj4 aveva all’attivo ben 67 incursioni prima dell’attacco fatale. «Sapevano che era pericolosa», insistono, evidenziando un apparente fallimento da parte delle autorità nel gestire la situazione. La loro posizione non è quella di demonizzare gli animali, ma di chiedere un’adeguata gestione della fauna selvatica in un contesto che garantisca anche la sicurezza delle persone.

La questione della sicurezza nei boschi

Il trasferimento dell’orsa in Germania, che i genitori di Andrea riconoscono come una soluzione migliore rispetto alla cattività nel Casteller, è visto con ambivalenza. «Certo, ora l’orsa è in un luogo più grande, ma è troppo tardi», affermano, esprimendo il loro rammarico per la mancanza di azioni tempestive da parte delle istituzioni. «La situazione è degenerata perché l’hanno sottovalutata», aggiungono, sottolineando che un evento così tragico non deve essere dimenticato o liquidato come un incidente isolato.

La questione della sicurezza nei boschi, soprattutto in un territorio come quello trentino dove il turismo e le attività all’aperto sono una parte fondamentale della vita quotidiana, è diventata centrale nel dibattito pubblico. I genitori di Andrea avvertono che «non si può morire per aver fatto due passi nel bosco». La loro preoccupazione è che la morte di Andrea possa diventare solo un triste ricordo, e che altre persone possano trovarsi in situazioni simili in futuro. «Poteva capitare a chiunque e potrebbe capitare ancora», affermano, chiedendo che vengano messe in atto misure concrete per prevenire ulteriori tragedie.

Carlo e Franca Papi non si arrendono, e la loro determinazione è evidente. «Vogliamo riaprire il caso. Faremo tutto il possibile, andremo fino in fondo per dare ad Andrea la giustizia che merita», dichiarano con fermezza. La loro battaglia non è solo per il loro amore per il figlio, ma anche per una maggiore consapevolezza e responsabilità nella gestione della fauna selvatica. La loro storia ha toccato il cuore di molti, e ha sollevato interrogativi su come le istituzioni affrontano il delicato equilibrio tra la protezione degli animali e la sicurezza delle persone.

Un dibattito più ampio sulla gestione della fauna selvatica

Nel contesto di questa vicenda, è emerso anche un dibattito più ampio sulle politiche di gestione della fauna selvatica in Italia. Le autorità locali sono state criticate per non aver adottato misure preventive sufficienti, e ci si interroga sulla formazione e sull’informazione necessaria per chi vive e lavora in prossimità delle aree naturali. È fondamentale che le comunità locali siano coinvolte nel processo decisionale riguardante la gestione degli animali selvatici, e che vengano fornite informazioni chiare e dettagliate su come comportarsi in caso di incontri con la fauna.

La storia di Andrea Papi è un triste promemoria della fragilità della vita umana e dell’importanza di una gestione responsabile degli ecosistemi naturali. Mentre i genitori continuano a lottare per la verità e la giustizia, la loro voce risuona come un appello a non dimenticare le vittime di queste tragedie e a lavorare insieme per trovare soluzioni che possano prevenire futuri incidenti. La speranza è che la loro determinazione porti a un cambiamento positivo, non solo per la memoria di Andrea, ma per tutte le persone che amano la natura e vogliono esplorarla in sicurezza.