Processo ai sei militari per il naufragio di Cutro: la tragedia poteva essere evitata?

Matteo Rigamonti

Luglio 22, 2025

Il drammatico naufragio avvenuto a Steccato di Cutro la notte del 26 febbraio 2023 ha lasciato un segno profondo nella coscienza collettiva italiana. Un barcone, carico di migranti in cerca di un futuro migliore, si è capovolto a circa 40 miglia dalle coste calabresi, provocando la morte di 94 persone, tra cui 35 minorenni. Questo tragico evento ha ora portato a un processo che coinvolge sei militari: quattro della Guardia di Finanza e due della Guardia Costiera. La Procura di Crotone ha accusato questi uomini di aver commesso gravi errori nelle operazioni di soccorso, che avrebbero potuto evitare la tragedia.

Il processo e le accuse

La decisione di rinviare a giudizio i sei militari è stata presa dalla giudice dell’udienza preliminare (gup) di Crotone, Elisa Marchetto, quasi un anno dopo la chiusura delle indagini. Le accuse mosse contro di loro comprendono naufragio colposo e omicidio colposo plurimo, in relazione alla mancata attivazione del Piano per la ricerca e il salvataggio in mare. La ricostruzione dei fatti da parte della Procura evidenzia una serie di errori e omissioni che, secondo le autorità, hanno contribuito in modo significativo alla perdita di vite umane.

Errori nelle operazioni di soccorso

Il pm Pasquale Festa ha sottolineato che i quattro militari della Guardia di Finanza hanno sbagliato le modalità di azione dopo aver ricevuto la segnalazione dell’imbarcazione in difficoltà. Le comunicazioni interne hanno fatto riferimento a un intervento di “low enforcement”, con l’aggiunta di “mare permettendo”, un’espressione che ha dimostrato una mancanza di urgenza e serietà nella gestione della situazione. Questo approccio ha portato a un ritardo nell’attivazione delle operazioni di soccorso, con conseguenze fatali per molti migranti a bordo del barcone.

La reazione dell’opinione pubblica

Le responsabilità dei due membri della Guardia Costiera sono anch’esse sotto accusa. Nonostante fossero stati indotti in errore dalle informazioni fornite dai finanzieri, non hanno preso l’iniziativa di informarsi sufficientemente per attivare le operazioni di salvataggio. Questa mancanza di proattività ha aggravato ulteriormente il bilancio delle vittime.

L’evento di Cutro ha suscitato una forte reazione da parte dell’opinione pubblica e delle istituzioni. Sono stati organizzati numerosi eventi commemorativi per le vittime, con richieste sempre più pressanti di una riforma del sistema di soccorso in mare, per garantire che tragedie simili non si ripetano. Organizzazioni umanitarie e diritti umani hanno denunciato la gestione dei flussi migratori e le politiche europee che, secondo loro, incentivano la perdita di vite in mare.

Un’opportunità per il cambiamento

Il naufragio di Cutro è solo uno dei tanti incidenti tragici nel Mediterraneo, dove nel 2023 si stima che migliaia di migranti abbiano perso la vita nel tentativo di attraversare il mare. Le acque del Mediterraneo sono diventate un cimitero per molti, e la questione del salvataggio dei migranti è diventata un tema centrale nel dibattito politico italiano ed europeo.

Il processo che si apre ora a Crotone rappresenta non solo un momento di giustizia per le vittime e le loro famiglie, ma anche un’opportunità per riflettere sulle politiche di gestione dei flussi migratori e sulla necessità di un cambiamento radicale nel modo in cui vengono affrontate le emergenze in mare. La responsabilità delle istituzioni e delle forze armate è cruciale per garantire che il diritto alla vita e alla dignità umana venga rispettato.

In attesa degli sviluppi del processo, la comunità locale di Cutro e le famiglie delle vittime continuano a chiedere verità e giustizia. La memoria di chi ha perso la vita deve rimanere viva, affinché si lavori concretamente per un futuro in cui simili tragedie possano essere evitate. Le istituzioni sono chiamate a rispondere non solo delle proprie azioni, ma anche delle proprie omissioni, affinché il mare non continui a essere testimone di tragedie inenarrabili.

Il caso di Cutro non è solo un caso giudiziario: è un simbolo della crisi migratoria che affligge l’Europa, un richiamo all’umanità e un invito a riflettere su come il nostro continente possa rispondere in modo adeguato e umano a chi cerca salvezza e un futuro migliore. La ricerca di un equilibrio tra sicurezza, diritti umani e assistenza continua ad essere una sfida complessa e urgente per tutti noi.