Il mistero del Mostro di Firenze: il Dna svela la verità su Natalino Mele

Il mistero del Mostro di Firenze: il Dna svela la verità su Natalino Mele

Matteo Rigamonti

Luglio 23, 2025

La storia del Mostro di Firenze continua a rivelare dettagli sorprendenti e colpi di scena che alimentano l’interesse e la curiosità del pubblico. Recentemente, la procura di Firenze ha comunicato risultati inaspettati riguardo alla paternità di Natalino Mele, il bambino di soli sei anni coinvolto in un omicidio che ha segnato profondamente le indagini su uno dei casi di cronaca nera più inquietanti d’Italia. Secondo le ultime analisi del Dna, Natalino non sarebbe figlio di Stefano Mele, ma di Giovanni Vinci, uno degli amanti della madre, Barbara Locci. Questa scoperta offre nuovi spunti per riflettere sulle dinamiche familiari e sulle complicate relazioni che circondavano il caso.

l’omicidio che ha cambiato tutto

Nel 1968, Natalino Mele si trovava nell’auto di Antonio Lo Bianco, amante di Barbara Locci, quando un assalitore armato di una Beretta calibro 22 aprì il fuoco, uccidendo la madre e Lo Bianco. L’arma utilizzata in questo omicidio è la stessa che verrà impiegata in altri duplice omicidi che si susseguiranno intorno a Firenze fino al 1985. Questa continuità nell’uso dell’arma ha suscitato interrogativi su un possibile collegamento tra il primo omicidio e quelli successivi, ma le indagini non hanno mai stabilito un nesso chiaro.

la complessità del processo

Il processo che ha portato alla condanna di Stefano Mele per l’omicidio di Barbara Locci e Antonio Lo Bianco è stato caratterizzato da una notevole complessità. Stefano ha scontato 13 anni di carcere, ma la sua versione dei fatti è sempre stata contraddittoria. Dopo la scarcerazione, ha continuato a lanciare accuse nei confronti dei fratelli Vinci, sostenendo che avessero avuto un ruolo nell’omicidio della moglie. Tuttavia, le indagini non hanno mai chiarito se ci fossero complici o se l’arma fosse stata utilizzata in altre circostanze.

il ruolo del Dna nelle indagini

La Beretta calibro 22, che ha segnato la vita di Natalino e delle vittime, rappresenta un simbolo di una serie di omicidi che hanno terrorizzato l’Italia. Le indagini su questi crimini, che hanno coinvolto diverse figure, tra cui Pietro Pacciani, Giancarlo Lotti e Mario Vanni, si sono protratte per anni e hanno visto una serie di colpi di scena legali. Pacciani, inizialmente accusato di essere il Mostro di Firenze, è morto in attesa di un nuovo processo, mentre Lotti e Vanni sono stati condannati in via definitiva per alcuni degli omicidi.

La recente analisi del Dna, condotta dal genetista Ugo Ricci, ha riaperto una ferita mai completamente sanata. Ricci è noto per il suo lavoro in casi di cronaca nera ed è lo stesso scienziato che ha trovato il Dna di Sempio sulle unghie di Chiara Poggi, un altro caso di omicidio che ha scosso l’Italia. Le indagini su Natalino Mele sono riprese nel 2018, in un contesto di incertezze e sospetti, quando le autorità hanno esaminato il caso di un legionario di Prato, Giampiero Vigilanti, ma alla fine il fascicolo è stato archiviato.

Oggi, le pubbliche ministere Ornella Galeotti e Beatrice Giunti si trovano di fronte a un bivio: come procedere con le nuove informazioni emerse? La morte di Giovanni Vinci, avvenuta molti anni fa, complica ulteriormente le indagini, lasciando interrogativi su come la scoperta della vera paternità di Natalino potrebbe influenzare le sentenze già emesse.

Natalino Mele, che oggi vive lontano dalle luci della ribalta, ha dichiarato di non aver mai conosciuto Giovanni Vinci. Questa affermazione mette in evidenza la complessità delle relazioni familiari e la confusione che ha caratterizzato la sua infanzia, segnata dall’assassinio della madre e dal dramma che ne è seguito. La figura di Natalino si fa simbolo di una generazione segnata da eventi tragici, in cui le vittime sono spesso dimenticate nel clamore delle indagini e delle speculazioni.

La storia del Mostro di Firenze è un labirinto di piste, indizi e ombre che si intrecciano, rimanendo avvolte nel mistero. Ogni nuova scoperta, come quella riguardante il Dna di Natalino Mele, non fa che aggiungere strati di complessità a un caso che ha segnato la memoria collettiva del nostro Paese. La ricerca della verità continua, e la speranza è che un giorno si possa fare chiarezza su un capitolo oscuro della nostra storia.