Un recente passo rivoluzionario nella ricerca genetica ha segnato un traguardo senza precedenti nel trattamento delle malattie neurologiche. Per la prima volta, le mutazioni genetiche sono state correttamente modificate direttamente nel cervello di topi vivi grazie a una tecnica innovativa nota come prime editing. Questa tecnologia di ingegneria genetica, che si basa sugli strumenti molecolari sviluppati dalla famiglia di tecniche CRISPR, consente agli scienziati di effettuare modifiche specifiche al DNA, operando una sorta di comando “trova e sostituisci” nel codice genetico degli organismi.
Lo studio che documenta questo risultato straordinario è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Cell ed è frutto della collaborazione tra il Rare Disease Translational Center del Jackson Laboratory, il Broad Institute e l’organizzazione no-profit Rare Hope. Questa ricerca apre nuovi orizzonti per lo sviluppo di terapie personalizzate destinate a malattie neurologiche di origine genetica, un campo che, fino a poco tempo fa, sembrava dominato da una certa stagnazione in termini di innovazioni terapeutiche.
Importanza della scoperta
Markus Terrey, neuroscienziato presso il Jackson Laboratory, ha commentato l’importanza di questo risultato: “Cinque anni fa si sarebbe pensato che entrare nel cervello di un organismo vivente e correggere il DNA fosse fantascienza. Oggi sappiamo che è fattibile”. Le implicazioni di tali affermazioni sono significative; non solo la tecnologia ha raggiunto un livello di sofisticazione tale da rendere possibile la correzione genetica nel cervello, ma i ricercatori hanno anche dimostrato che la modifica può avere effetti di lunga durata, con le cellule che rimangono corrette per il resto della loro vita.
Dettagli della ricerca
La ricerca si è focalizzata su topi portatori di due mutazioni genetiche specifiche, responsabili di una rara patologia neurologica nota come emiplegia alternante dell’infanzia (AHC). Questa malattia è caratterizzata da episodi di paralisi improvvisi e ricorrenti che possono durare da pochi minuti a diversi giorni, e attualmente non esiste una cura definitiva. Grazie al trattamento sperimentale, i ricercatori hanno somministrato una singola iniezione nel cervello dei topi, utilizzando un virus innocuo come vettore per portare gli strumenti di editing genetico.
I risultati sono stati straordinari; la terapia ha corretto fino all’85% delle mutazioni genetiche nelle cellule cerebrali dei topi, contribuendo anche a:
- Ridurre i sintomi della malattia.
- Prolungare la sopravvivenza degli animali, altrimenti a rischio di morte improvvisa.
In aggiunta, i ricercatori hanno condotto test su cellule derivate da pazienti affetti da AHC e hanno osservato che gli effetti off-target, cioè le modifiche non intenzionali in altre parti del genoma, erano minimi. Questo risultato è fondamentale, poiché indica che l’approccio potrebbe non solo essere efficace, ma anche sicuro, un requisito imprescindibile per qualsiasi futura applicazione clinica.
Prospettive future
Il raggiungimento di questo traguardo si inserisce in un contesto più ampio di progressi nella terapia genica. Solo pochi mesi fa, nel maggio 2023, il New England Journal of Medicine ha riportato il caso di un paziente trattato con successo attraverso l’editing genetico personalizzato per combattere una grave malattia metabolica del fegato. Questi sviluppi sottolineano l’accelerazione della ricerca nel campo delle malattie genetiche, suggerendo che le terapie che un tempo sembravano impossibili potrebbero diventare una realtà per molti pazienti.
Le potenzialità del prime editing non si limitano solo al trattamento di malattie rare come l’emiplegia alternante dell’infanzia. Gli scienziati stanno esplorando come questa tecnologia possa essere applicata a una vasta gamma di patologie neurologiche, tra cui disturbi più comuni come l’Alzheimer e la malattia di Parkinson, dove le mutazioni genetiche giocano un ruolo cruciale nello sviluppo della malattia.
Inoltre, la possibilità di effettuare correzioni genetiche direttamente nel cervello rappresenta un cambiamento di paradigma nel modo in cui pensiamo alla terapia genica. Tradizionalmente, le terapie geniche si concentravano su approcci sistemici, dove il trattamento veniva somministrato in modo diffuso nell’organismo. Ora, con tecniche come il prime editing, gli scienziati possono mirare a specifiche aree del cervello, aumentando l’efficacia del trattamento e riducendo il rischio di effetti collaterali.
Questo progresso non è solo un traguardo scientifico; rappresenta anche un’illustrazione della crescente intersezione tra neuroscienze e ingegneria genetica. Con ogni passo avanti, ci avviciniamo a una nuova era di medicina personalizzata, dove le terapie possono essere adattate alle esigenze specifiche dei pazienti, migliorando così la qualità della vita di milioni di persone affette da malattie genetiche.