La pista sarda nel mistero del Mostro di Firenze: il drammatico interrogativo di Natalino Mele e Giovanni Vinci

La pista sarda nel mistero del Mostro di Firenze: il drammatico interrogativo di Natalino Mele e Giovanni Vinci

La pista sarda nel mistero del Mostro di Firenze: il drammatico interrogativo di Natalino Mele e Giovanni Vinci

Matteo Rigamonti

Luglio 24, 2025

La storia di Natalino Mele è un racconto intriso di mistero, rivelazioni e una drammatica ricerca della verità. Oggi sessantaquattrenne, vive in una casa popolare occupata e si trova a dover affrontare un passato che non conosceva. Recentemente, ha scoperto di non essere il figlio biologico di Stefano Mele, ma di Giovanni Vinci, uno dei tre fratelli legati al famigerato Mostro di Firenze. Quando gli si chiede se il padre fosse un assassino, Natalino risponde con una provocazione: «Quale dei due?».

Questa sorprendente rivelazione è stata confermata da un test del DNA che ha svelato le sue vere origini. Natalino è figlio di Barbara Locci, che ebbe una relazione con Giovanni Vinci, anch’egli emigrato dalla Sardegna e parte della comunità sarda che si stabilì nei pressi di Firenze negli anni ’50 e ’60. La sua vita è inestricabilmente legata a un omicidio avvenuto nell’estate del 1968, quando sua madre fu assassinata a Lastra a Signa. Questo delitto è significativo poiché rappresenta l’esordio dell’arma utilizzata dal Mostro di Firenze, una pistola Beretta calibro .22.

il delitto di barbara locci

Il delitto di Barbara Locci è stato oggetto di controversie e dibattiti. Stefano Mele, marito di Barbara, fu condannato per l’omicidio, ma la sua condanna è stata messa in discussione. Le sue testimonianze, contraddittorie e influenzate da problemi mentali, hanno sollevato dubbi sulla sua colpevolezza. Durante quella tragica notte, Natalino, ignaro del dramma, dormiva sul sedile posteriore dell’auto mentre la madre e il suo amante, Antonio Lo Bianco, furono uccisi. Un destino beffardo lo salvò, facendolo rimanere illeso.

Le memorie di quella notte sono confuse per Natalino. Ricorda di aver bussato alla porta di un muratore vicino, informandolo che la madre era morta e il padre malato a casa. Tuttavia, le circostanze rimangono avvolte nel mistero. Non è chiaro se Natalino abbia percorso quel tragitto da solo o se fosse accompagnato da qualcuno, forse addirittura dall’assassino stesso.

il trauma dell’infanzia

Il trauma di Natalino si riflette nella sua vita quotidiana. La sua infanzia è segnata da un’assenza di ricordi chiari sulla notte del delitto, e questo ha portato a un interrogatorio difficile. A soli sei anni, Natalino è stato sottoposto a pressioni e minacce, suscitando dubbi sulla validità delle sue dichiarazioni. La sua testimonianza, che parlava di un altro “zio” visto nei pressi della scena del crimine, potrebbe essere stata influenzata dalla confusione e dalla paura.

Un aspetto inquietante è il tragitto che Natalino avrebbe dovuto percorrere di notte. Le sue parole, pronunciate in un momento di shock, suonano incredibilmente precise per un bambino: «Mio padre è a casa ammalato, mamma e zio sono morti in macchina». Queste frasi sembrano confermare l’alibi del padre, che il giorno prima del delitto si era dichiarato malato.

la ricerca della verità

Natalino esprime una critica nei confronti di Pietro Pacciani, considerato un possibile colpevole del Mostro di Firenze. Secondo Natalino, Pacciani non può essere il vero assassino; egli sostiene che ci fosse qualcuno con un profilo diverso, capace di muoversi con calma e freddezza nel buio. La figura del Mostro di Firenze rimane avvolta nel mistero, e la sua personale ricerca della verità continua, un viaggio senza fine tra passato e presente, tra ricordi e rivelazioni.

In conclusione, la storia di Natalino Mele è un esempio di come il passato possa influenzare profondamente il presente. La sua ricerca di identità e verità lo porta a confrontarsi con un’eredità pesante e complessa, in un contesto di violenza e mistero che ha segnato la sua vita fin dalla tenera età.