Negli ultimi anni, la questione dell’immigrazione e dei centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) ha sollevato un acceso dibattito nel panorama politico italiano. Un recente report di ActionAid, in collaborazione con l’Università di Bari, ha rivelato che i Cpr in Albania stanno costando al governo italiano ben 114 mila euro al giorno per detenere un numero ridotto di persone, precisamente 20. Questo dato ha suscitato preoccupazioni e critiche, definendo il protocollo con Tirana come “il più costoso, inumano e inutile strumento nella storia delle politiche migratorie italiane”.
Costi elevati e inefficienza dei Cpr in Albania
Secondo il report intitolato “Trattenuti”, il governo guidato da Giorgia Meloni ha investito ingenti somme per la creazione e gestione dei Cpr di Gjadër e Shëngjin. Nonostante siano stati realizzati 400 posti al Cpr di Gjadër, attualmente solo 26 persone sono detenute lì. La costruzione dei due centri ha comportato spese per un totale di 74,2 milioni di euro, il che significa che ogni singolo posto è costato oltre 153 mila euro. In confronto, il Cpr di Porto Empedocle, che offre 50 posti, ha avuto un costo di un milione di euro, pari a 21 mila euro per posto. Tali cifre mettono in evidenza l’assurdità e l’inefficienza del sistema, specialmente considerando che, tra ottobre e dicembre 2024, il governo ha speso 114 mila euro al giorno per trattenere un numero così esiguo di persone, le quali, tra l’altro, sono state successivamente liberate.
Critiche e risposte dal governo
Fabrizio Coresi, esperto di migrazioni per ActionAid, ha commentato la situazione, sottolineando come sia illogico utilizzare un Cpr come quello di Gjadër per la detenzione di persone irregolari, specialmente alla luce del fatto che ci sono ben 263 posti vuoti nei Cpr italiani, su un totale di 1164 disponibili. Inoltre, nel 2024, solo il 10,4% delle persone sottoposte a provvedimenti di allontanamento è stato effettivamente rimpatriato dai Cpr, segnando il minimo storico negli ultimi dieci anni.
Dal momento dell’entrata in vigore del protocollo con l’Albania, 206 persone sono state trasferite nei Cpr albanesi, ma la maggior parte di esse è poi tornata in Italia. Le prime 74 persone sono arrivate tra ottobre 2024 e gennaio 2025, seguite da altre 132 quando il centro è diventato ufficialmente un Cpr. Rachele Scarpa, deputata che ha seguito la questione, ha evidenziato come queste informazioni non siano di dominio pubblico, ma siano state ricavate da ispezioni effettuate. Le sue affermazioni mettono in luce come, nonostante la retorica del governo, attualmente ci siano solo 26 persone detenute, e che la maggior parte di esse sia stata riportata in Italia, definendo la situazione “una presa in giro”.
Il Viminale ha risposto alle critiche, definendo il report come “l’ennesimo attacco ideologico” a un modello che, secondo fonti qualificate, rappresenta l’unica risposta strutturata ed efficace all’immigrazione irregolare. Il ministero dell’Interno ha sottolineato che nel 2022 il sistema di accoglienza costava 4 milioni di euro al giorno, e ha confrontato i costi con l’operazione Mare Nostrum, avviata nel 2013 dal governo Letta e chiusa nel 2014, che ha portato oltre 100 mila migranti irregolari in Italia in meno di un anno, con un costo giornaliero di 310 mila euro e un esborso mensile di 9,3 milioni di euro.
Riflessioni sulle politiche migratorie italiane
Questa serie di dati e considerazioni porta a interrogarsi sull’efficacia delle politiche migratorie italiane, in particolare sulla gestione dei Cpr in paesi terzi come l’Albania. La spesa giornaliera di 114 mila euro per un numero così ridotto di persone sembra contraddire gli obiettivi dichiarati di contenimento e gestione dell’immigrazione irregolare. La questione non è solo economica, ma tocca anche aspetti etici e umanitari, poiché la detenzione di persone in attesa di rimpatrio solleva interrogativi sui diritti umani e sulle condizioni di vita all’interno di questi centri.
In questo contesto, è fondamentale considerare le alternative possibili e la necessità di un approccio più umano e giusto per la gestione dell’immigrazione. La creazione di politiche di accoglienza e integrazione, invece di una mera detenzione, potrebbe portare a risultati migliori sia per i migranti che per la società italiana nel suo complesso. La questione dell’immigrazione rimane una delle sfide più complesse e dibattute del nostro tempo, e le decisioni prese oggi influenzeranno non solo il presente, ma anche il futuro delle politiche europee in materia di migrazione.