Dall’Odeon di Milano al cinema di Avati: un viaggio nell’incanto del grande schermo

Dall'Odeon di Milano al cinema di Avati: un viaggio nell'incanto del grande schermo

Dall'Odeon di Milano al cinema di Avati: un viaggio nell'incanto del grande schermo

Giada Liguori

Agosto 1, 2025

Il 31 luglio 2023 ha segnato una data triste per gli appassionati del cinema milanese: la chiusura del Cinema Odeon, un gioiello in stile déco inaugurato nel 1929. Situato a pochi passi dal Duomo di Milano, l’Odeon ha rappresentato per decenni un punto di riferimento culturale, diventando un vero e proprio tempio della settima arte. Con la sua trasformazione in una Beauty hall di un grande magazzino di lusso, si apre un vuoto incolmabile nella memoria collettiva di chi ha vissuto la magia del grande schermo in questo luogo.

Un legame familiare con il cinema

L’Odeon è stato progettato da Aldo Avati, un architetto di grande importanza, noto per la sua capacità di coniugare estetica e funzionalità. Avati è anche il nonno di Pupi Avati, uno dei registi più iconici del cinema italiano, e bisnonno dell’autore e regista Tomaso Pessina. Questo legame familiare è centrale nel documentario “L’incanto”, realizzato da Pessina per omaggiare la storicità della sala e l’eredità artistica di Aldo e Pupi Avati. Il documentario ha debuttato nella sezione Confronti delle Giornate degli Autori, un evento parallelo alla Mostra del Cinema di Venezia, che si svolgerà dal 27 agosto al 6 settembre.

La narrazione di “L’incanto”

“L’incanto” si sviluppa attraverso un racconto duplice: da un lato, la storia dell’Odeon e dall’altro, la carriera di Pupi Avati. Il filo conduttore è il concetto di “incanto”, un tema ricorrente nell’opera di Avati, in particolare nel film “Una gita scolastica”, dove viene descritto come “una specie di spirito, un buon compagno di strada”. Pessina ha dichiarato: “Quando ho letto sul giornale della chiusura dell’Odeon, l’idea narrativa per questo documentario è stata naturale. Volevo congiungere chi il cinema lo fa a dove il cinema si consuma”. Questo approccio riflette un profondo rispetto per la storia del cinema e offre una prospettiva personale influenzata dal legame familiare.

Un viaggio emozionante attraverso la memoria

Il documentario non è solo una cronaca, ma segue “più linee narrative che fluiscono l’una nell’altra”, integrando scene di animazione pittorica ideate dall’art director Elisabetta Bianchi. Questi inserti visivi arricchiscono il racconto e esplorano come il nostro immaginario e il nostro incanto si sedimentano sui film, intrecciando memoria e immaginazione. Pessina, nato nel 1965, ha una carriera diversificata che spazia tra film, documentari, cortometraggi e spot pubblicitari. La sua esperienza sul set di Pupi Avati ha rappresentato un momento cruciale: “Quando vai per la prima volta su un set di Pupi, capisci cosa voglia dire essere un maestro”.

La relazione tra Pessina e Pupi Avati è intrisa di stima e affetto. Sebbene esistano altri documentari sull’opera di Avati, Pessina ha proposto un punto di vista unico che intreccia la storia dell’Odeon con ricordi personali e familiari. La generosità di Pupi nel condividere tali storie ha arricchito ulteriormente il progetto, rendendolo un tributo emozionante a un’epoca che non deve essere dimenticata.

Con la chiusura del Cinema Odeon, si perde non solo un luogo fisico, ma anche il rischio di dimenticare le storie e le emozioni che ha ospitato. “L’incanto” di Pessina si propone quindi come un viaggio emozionante attraverso la memoria, un tributo che invita a riflettere sull’eredità culturale del cinema italiano e sull’importanza di luoghi come l’Odeon, che hanno segnato la vita di intere generazioni di spettatori.