La bellezza e la poesia della vita quotidiana si intrecciano nel nuovo film di Gianluca Matarrese, “Il quieto vivere”, che segna il suo quarto approdo al Festival di Venezia. Quest’anno, il film è presentato come Evento Speciale alle Giornate degli Autori, un palcoscenico ideale per una storia che, pur essendo radicata nella realtà, si trasforma in un dramma familiare di grande impatto. Matarrese trae ispirazione dalla faida che ha segnato la sua vera famiglia, offrendo agli spettatori una finestra su un mondo lontano e affascinante, ambientato in un borgo sperduto della Calabria.
Un cast autentico e unico
Uno degli aspetti più sorprendenti di “Il quieto vivere” è che non vi sono attori professionisti nel cast. Ciò che vediamo sullo schermo sono i veri membri della famiglia Matarrese. Le protagoniste principali sono le cugine Maria Luisa Magno e Imma Capalbo, entrambe con una forte personalità e una storia ricca di conflitti familiari.
- Maria Luisa, una donna di cinquant’anni, rappresenta il lato più ribelle della famiglia, sempre in cerca di attenzioni e di un modo per distinguersi, anche attraverso i social media.
- Imma, la cognata più tradizionale, abita al piano di sotto e funge da contraltare a Luisa, dando vita a una rivalità che si traduce in una guerra continua tra le due donne.
Il conflitto durante le festività
La trama si sviluppa durante il periodo natalizio, un momento che, come ben sappiamo, può diventare un vero e proprio campo di battaglia per ogni famiglia. Le scene di pranzi festivi, ricchi di fritture e piatti tipici calabresi, sono il palcoscenico ideale per le tensioni che si accumulano nel corso degli anni. Le due donne, impegnate in un’incessante escalation di insulti, denunce e sospetti, si ritrovano a dover affrontare non solo le loro rivalità personali, ma anche le aspettative familiari e le tradizioni consolidate.
In questo contesto di conflitto, emergono anche le figure delle tre adorabili zie anziane, Concetta e Filomena, che cercano disperatamente di riportare la pace tra le due cugine. La loro saggezza popolare e le loro storie di vita diventano una sorta di contrappeso alla follia che regna durante le festività. Queste donne, che hanno vissuto esperienze dure e complesse, rappresentano una memoria storica per la famiglia, cercando di insegnare ai più giovani l’importanza della coesione e del rispetto reciproco.
Un’opera che esplora le relazioni umane
Gianluca Matarrese, parlando del suo film, afferma: “Attraverso un linguaggio che fonde documentario, finzione e teatro, metto in scena un universo chiuso e iper-reale, dove ogni lite è una performance e ogni pranzo un campo di battaglia.” Questa visione artistica si traduce in un film che, pur affrontando temi di conflitto e rivalità, non abbandona mai un certo senso di ironia e crudeltà, rendendo le situazioni paradossali e, a tratti, comiche.
La co-scrittura del film con Nico Morabito ha permesso a Matarrese di esplorare a fondo i temi del crimine e della violenza che si annidano nel quotidiano. “Il quieto vivere” si propone di indagare quel momento sospeso in cui il dramma può ancora essere evitato, un’idea che trova una certa risonanza nel contesto sociale attuale, dove le faide familiari non sono solo un fenomeno isolato, ma rappresentano una realtà più ampia che coinvolge molte famiglie italiane.
“Il quieto vivere” non è solo una pellicola che racconta una storia di conflitto familiare; è anche un’esplorazione profonda delle relazioni umane, delle tradizioni e delle aspettative che le famiglie si portano dietro. Matarrese riesce a catturare l’essenza di una cultura ricca e complessa, mettendo in luce le sfide e le gioie che derivano dalla vita in comunità. Con il suo approccio innovativo e il suo forte legame con la realtà, Matarrese ci invita a riflettere sulla nostra stessa vita e sulle relazioni che ci circondano, rendendo il suo film un’esperienza da non perdere al Festival di Venezia.