Martina Oppelli: la denuncia shock contro l’Asl di Trieste prima della sua morte in Svizzera

Martina Oppelli: la denuncia shock contro l'Asl di Trieste prima della sua morte in Svizzera

Martina Oppelli: la denuncia shock contro l'Asl di Trieste prima della sua morte in Svizzera

Matteo Rigamonti

Agosto 2, 2025

Martina Oppelli, un’architetta di 50 anni originaria di Trieste, ha lasciato un segno indelebile nella lotta per i diritti dei pazienti in Italia. La sua storia, caratterizzata da oltre venti anni di battaglia contro una forma progressiva di sclerosi multipla, si è tragicamente conclusa il 31 luglio 2023 in Svizzera, dove ha scelto di porre fine alle sue sofferenze attraverso il suicidio assistito. Prima di morire, Martina ha compiuto un gesto che ha suscitato ampio dibattito: ha presentato una denuncia-querela contro l’Azienda sanitaria universitaria giuliano isontina (ASU GI) per tortura e rifiuto di atti d’ufficio. Questo atto coraggioso mette in luce la questione dei diritti dei malati e dell’autodeterminazione.

La denuncia e le sue motivazioni

La denuncia, depositata tramite la sua procuratrice speciale, Filomena Gallo, avvocata e segretaria nazionale dell’associazione Luca Coscioni, è il risultato di una lunga battaglia legale. Per tre volte, l’ASL le aveva negato l’accesso al suicidio medicalmente assistito in Italia, nonostante una sentenza favorevole da parte di un tribunale italiano. L’ente sanitario ha giustificato il rifiuto sostenendo che le condizioni di Martina non rientravano nei criteri fissati dalla Corte costituzionale, in particolare per la mancanza di «trattamenti di sostegno vitale». Questa interpretazione ha portato Martina e i suoi sostenitori a considerare la situazione come una forma di accanimento terapeutico e una violazione dei diritti umani.

La scelta di Martina

Martina, completamente dipendente dai suoi caregiver, ha vissuto una progressiva perdita di autonomia che ha reso la vita quotidiana sempre più difficile. La sua decisione di spostarsi in Svizzera per accedere al suicidio assistito rappresenta una scelta estrema, dettata dalla disperazione e dalla ricerca di dignità in un momento così delicato della sua esistenza. La scelta di Martina ha riacceso i riflettori sul tema del fine vita in Italia, un argomento che continua a suscitare forti emozioni e divisioni nel dibattito pubblico.

L’ereditĂ  di Martina

La conferenza stampa tenutasi il giorno successivo alla morte di Martina ha visto la partecipazione di Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, che ha comunicato il deposito della denuncia all’ASL e ha sottolineato l’urgenza di una legge sul fine vita che riconosca il diritto di scegliere. Durante l’incontro, Cappato ha descritto la denuncia come un “atto di protesta” contro un sistema che, secondo lui e molti altri attivisti, fallisce nel garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini.

Martina Oppelli non è solo un nome, ma un simbolo di una lotta che coinvolge migliaia di persone in Italia e nel mondo. La sua ereditĂ  va oltre la denuncia contro l’ASL: rappresenta una chiamata all’azione per tutti coloro che si battono per una maggiore umanitĂ  nelle decisioni riguardanti il fine vita. La sua storia ha toccato il cuore di molti, amici, familiari e attivisti che hanno condiviso il suo cammino e che la ricordano con affetto e rispetto.

Il dibattito sul suicidio assistito

Il dibattito sul suicidio assistito in Italia è complesso e multidimensionale. Da un lato, ci sono coloro che sostengono il diritto dell’individuo di scegliere come e quando porre fine alla propria vita, specialmente in presenza di malattie terminali o condizioni di sofferenza insopportabile. Dall’altro lato, ci sono preoccupazioni etiche e morali riguardanti la vita e il suo valore intrinseco. La legge italiana attualmente non prevede il suicidio assistito, e ciò ha portato a situazioni come quella di Martina, in cui i pazienti si trovano costretti a cercare soluzioni all’estero.

La vicenda di Martina ha anche riacceso l’attenzione sulla necessità di un dialogo aperto e onesto riguardo al fine vita. Molti esperti e attivisti chiedono una revisione delle leggi attuali, affinché possano riflettere le esigenze e i diritti dei pazienti, garantendo loro la possibilità di una morte dignitosa. L’associazione Luca Coscioni, di cui Martina era sostenitrice, continua a spingere per una riforma legislativa che possa garantire il diritto all’autodeterminazione, sottolineando l’urgenza di creare un quadro normativo che tuteli i diritti dei malati.

La storia di Martina Oppelli non è solo un caso isolato, ma parte di un più ampio movimento che chiede giustizia e rispetto per le scelte individuali. La sua denuncia all’ASL di Trieste rappresenta un atto di coraggio che potrebbe ispirare altri a lottare per i propri diritti, contribuendo a una maggiore consapevolezza e sensibilizzazione su temi così delicati e fondamentali.