Un omicidio che ha scosso profondamente la comunità di Gemona del Friuli è quello di Alessandro Venier, un trentacinquenne la cui vita è stata tragicamente spezzata in un contesto familiare che si è trasformato in un vero e proprio incubo. Le circostanze di questo delitto, avvenuto all’interno delle mura domestiche, sono emerse con chiarezza grazie al lavoro della Procura di Udine, che ha ricostruito un omicidio premeditato e brutale.
Le protagoniste della vicenda
Le figure centrali di questa macabra storia sono Lorena Venier, madre della vittima e infermiera presso l’ospedale di Gemona, e Mailyn Castro Monsalvo, compagna di Alessandro e madre della loro bambina di appena sei mesi. Le confessioni di entrambe hanno rivelato dettagli inquietanti, confermando la gravità della situazione. Secondo le indagini, Lorena avrebbe avuto un ruolo chiave nell’organizzazione del delitto, mentre Mailyn è considerata l’istigatrice principale.
Il piano omicida
L’udienza di convalida, tenutasi il 1 agosto, ha messo in luce la freddezza con cui le due donne hanno agito. Ecco alcuni punti salienti del piano omicida:
- Inizialmente, Lorena ha tentato di sedare Alessandro con un farmaco sciolto nella limonata.
- Quando il piano non ha funzionato, ha somministrato un’iniezione di insulina.
- Dopo il fallimento di queste azioni, hanno tentato di soffocarlo, prima a mani nude e poi con i lacci delle scarpe.
- Infine, il corpo di Alessandro è stato sezionato e riposto in un bidone, coperto di calce viva, acquistata online pochi giorni prima.
Questi dettagli macabri evidenziano la premeditazione del crimine e la brutalità con cui è stato commesso.
Le conseguenze dell’omicidio
Dopo il delitto, Lorena ha ripreso la sua vita quotidiana come se nulla fosse accaduto, un comportamento che lascia sgomenti. Solo sei giorni dopo, Mailyn ha contattato i carabinieri, incapace di sopportare il peso della sua coscienza. La chiamata al 112 ha segnato l’inizio di una nuova fase dell’inchiesta, portando gli inquirenti a interrogarsi sulle motivazioni dietro un gesto tanto estremo.
Durante l’interrogatorio, Lorena ha cercato di giustificare le sue azioni, affermando di aver agito per proteggere Mailyn, descrivendo Alessandro come un uomo violento. Ha dichiarato che la situazione in casa era insostenibile e che temeva per la sicurezza della nipotina. Queste affermazioni sollevano interrogativi sulle dinamiche familiari e se ci fossero stati segnali d’allerta che avrebbero potuto essere affrontati prima di giungere a un epilogo così tragico.
Un elemento chiave della vicenda è il progetto di trasferimento che Alessandro aveva in mente, un viaggio in Colombia con Mailyn e la loro bambina. Secondo Lorena, questo trasferimento rappresentava una minaccia per la sicurezza della compagna e della bambina, portando così alla decisione di uccidere Alessandro. Una frase inquietante pronunciata da Mailyn, «L’unico modo per fermarlo è ucciderlo», ha scatenato una serie di eventi che hanno portato a questo omicidio pianificato.
La difesa di Lorena ha chiesto gli arresti domiciliari per lei, sostenendo che non ci fosse rischio di fuga, dato che aveva confessato la sua partecipazione al delitto. La decisione del giudice è attesa con ansia, mentre la comunità di Gemona si interroga su come sia stato possibile che una famiglia arrivasse a tanto.
Chi ha conosciuto Lorena descrive una donna seria e professionale, sempre attenta e presente nel suo lavoro. Questo contrasto tra la sua immagine pubblica e le azioni compiute lascia un segno profondo non solo nella sua vita, ma anche in quella della sua famiglia e della comunità. L’eco di questo omicidio continuerà a risuonare, mentre le indagini proseguono per chiarire ogni aspetto di questa tragica vicenda familiare.