Malata di Sla sfida il sistema: ricorso in tribunale per il suicidio assistito

Malata di Sla sfida il sistema: ricorso in tribunale per il suicidio assistito

Malata di Sla sfida il sistema: ricorso in tribunale per il suicidio assistito

Matteo Rigamonti

Agosto 5, 2025

La questione del suicidio assistito continua a generare dibattiti accesi in Italia, in particolare riguardo ai diritti delle persone affette da malattie terminali o degenerative. Recentemente, una donna campana di 44 anni, affetta da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), ha deciso di intraprendere un percorso legale dopo che la sua richiesta di accesso al suicidio medicalmente assistito è stata negata dalla sua azienda sanitaria locale. La donna, che ha scelto di rimanere anonima e si presenta con il nome di fantasia di Coletta, ha espresso il suo desiderio di non vivere una vita di sofferenza, ricorrendo ai giudici per ottenere giustizia.

La SLA e la sofferenza dei pazienti

La SLA è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce il sistema nervoso centrale, portando a una graduale perdita di funzione muscolare e, in fase avanzata, alla paralisi. I pazienti affetti da questa condizione vivono spesso una sofferenza inimmaginabile, e Coletta non fa eccezione. La sua storia è stata portata alla luce dall’Associazione Luca Coscioni, un’organizzazione che si batte per i diritti civili, compreso il diritto all’autodeterminazione in materia di fine vita. Attraverso le parole di Coletta, l’associazione sottolinea l’importanza di riconoscere il diritto delle persone a scegliere come e quando morire, soprattutto quando la vita è segnata da un dolore insopportabile.

Il diritto all’autodeterminazione

Coletta si definisce “una cittadina consapevole, lucida e determinata” e non riesce a comprendere come la sua volontà possa essere ignorata. Ha dichiarato: “Se in Italia non posso accedere a una scelta legalmente garantita, sto valutando di affrontare l’unica alternativa praticabile: l’espatrio per morire dignitosamente in Svizzera”. Questa affermazione mette in evidenza un aspetto cruciale del dibattito sul suicidio assistito: la possibilità per i cittadini italiani di cercare soluzioni all’estero, in paesi come la Svizzera, dove il suicidio assistito è legalizzato e regolamentato.

Le reazioni legali e politiche

L’avvocato Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni e legale di Coletta, ha espresso il suo sconcerto per il diniego ricevuto dalla donna. Ha affermato: “È sconcertante e inumano che l’ASL abbia negato la morte assistita a Coletta, in pieno contrasto con le sentenze della Corte Costituzionale”. Le parole di Gallo richiamano l’attenzione sulle sentenze della Corte Costituzionale italiana che, in diverse occasioni, hanno riconosciuto l’importanza di garantire il diritto alla dignità e all’autodeterminazione delle persone in condizioni di sofferenza.

Marco Cappato, tesoriere dell’associazione, ha inoltre fatto notare come la proposta di legge regionale sul suicidio assistito, presentata oltre un anno fa, non sia stata mai discussa dall’aula. Ha dichiarato: “Lo scorso marzo, fu lo stesso presidente Vincenzo De Luca a bloccare la legge, dichiarando la necessità di aprire un ciclo di consultazioni”. Tuttavia, nonostante le promesse, nessuna consultazione è stata effettivamente organizzata, creando un clima di incertezza e frustrazione per coloro che cercano leggi più chiare e giuste in merito al fine vita.

La lotta per i diritti delle persone malate

La questione del suicidio assistito in Italia è complessa e spesso ostacolata da pregiudizi culturali e religiosi. La Chiesa cattolica, ad esempio, si oppone fermamente a qualsiasi forma di eutanasia o suicidio assistito, sostenendo che la vita è sacra e deve essere protetta fino alla sua naturale conclusione. Tuttavia, molti cittadini e organizzazioni, come l’Associazione Luca Coscioni, chiedono una maggiore apertura al dialogo e una revisione delle leggi esistenti per riflettere le reali esigenze e i diritti delle persone malate.

Nel caso specifico di Coletta, la sua richiesta di rivalutazione urgente delle condizioni di salute non ha ricevuto risposta dall’ASL, costringendola a presentare un ricorso d’urgenza al tribunale di Napoli. Questo passo rappresenta non solo una battaglia personale per Coletta, ma simboleggia anche una lotta più ampia per i diritti delle persone affette da malattie terminali in Italia. L’iter legale che Coletta ha intrapreso potrebbe avere ripercussioni significative per il futuro delle normative sul suicidio assistito nel paese.

La sua storia, insieme a quella di altri pazienti in situazioni simili, ha il potenziale di influenzare il dibattito pubblico e politico sul tema, spingendo le istituzioni a prendere in considerazione la possibilità di legiferare in modo più chiaro e umano riguardo al diritto all’autodeterminazione in materia di fine vita. In un contesto in cui il diritto alla salute e alla dignità sono sempre più al centro dell’attenzione, la vicenda di Coletta rappresenta un grido di aiuto che non può essere ignorato.