Milano si conferma come la città italiana con i più alti consumi pro capite, raggiungendo nel 2023 la cifra di 30.993 euro per abitante. Questo dato non solo evidenzia il potere d’acquisto dei milanesi, ma sottolinea anche il ruolo di Milano come centro economico e finanziario del paese. Al secondo posto si colloca Bolzano, con 29.146 euro, e a seguire Monza e della Brianza, con 26.714 euro. In netto contrasto, Foggia si trova all’ultimo posto, con una spesa pro capite di soli 13.697 euro, meno della metà rispetto a Milano. Anche Caserta e Agrigento non si discostano molto da Foggia, con consumi rispettivamente di 13.890 euro e 14.020 euro.
Questi dati provengono da un’analisi condotta dal Centro Studi Guglielmo Tagliacarne-Unioncamere, che ha fornito per la prima volta una stima dei consumi delle famiglie a livello provinciale in Italia, esaminando la composizione della spesa tra beni alimentari e non alimentari. Milano, oltre a detenere il record dei consumi, concentra anche l’8,3% della spesa totale degli italiani nel 2023, evidenziando il potere economico della città, che continua ad attrarre investimenti e consumi, confermandosi come un polo di attrazione per cittadini e turisti.
Differenze nei consumi alimentari
Quando si parla di acquisto di beni alimentari, la situazione cambia. Roma si distingue in questo settore, occupando il primo posto con il 7,8% dei consumi nel settore alimentare. Questo suggerisce che, nonostante Milano domini i consumi totali, la capitale italiana si posizioni in cima per quanto riguarda la spesa alimentare. Potrebbe riflettere una maggiore attenzione dei romani verso la qualità e la varietà dei prodotti alimentari, nonché l’importanza della tradizione culinaria locale.
Distribuzione geografica dei consumi
Un altro aspetto da considerare è la distribuzione geografica dei consumi in Italia. Nel Nord Ovest, che include Lombardia, Piemonte e Liguria, si registra quasi un terzo dei consumi della popolazione nazionale. La Lombardia, in particolare, rappresenta da sola il 20% della spesa familiare, evidenziando l’importanza economica di questa regione. Tuttavia, il Sud Italia mostra segni di recupero e crescita nei consumi. Tra il 2019 e il 2023, l’incremento dei consumi nel Mezzogiorno ha superato quello del resto del paese, con un aumento del 15,7% rispetto al 13,7% della media nazionale. Questo dato potrebbe indicare che le famiglie meridionali stanno adattando le proprie abitudini di spesa e investendo di più nel mercato, nonostante le difficoltà economiche storiche.
Implicazioni per le politiche pubbliche
Il direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, Gaetano Fausto Esposito, ha sottolineato che questo scenario rivela una doppia vulnerabilità per l’economia del Mezzogiorno. Le famiglie del Sud hanno un reddito disponibile inferiore di circa il 25% rispetto alla media nazionale. Inoltre, l’incidenza dei consumi alimentari è significativamente più elevata nel Mezzogiorno, dove in ben 26 province su 38 l’incidenza dei consumi alimentari supera il 21% del totale. Questo fenomeno non si riscontra in nessuna provincia del resto d’Italia, suggerendo che le famiglie meridionali spendono una porzione maggiore del loro reddito per soddisfare bisogni alimentari essenziali.
In conclusione, è fondamentale considerare come questi dati sui consumi possano influenzare le politiche pubbliche e le strategie di sviluppo economico. Le regioni con consumi più elevati possono attrarre investimenti e creare opportunità di lavoro, mentre quelle con consumi più bassi potrebbero necessitare di interventi mirati per stimolare la crescita economica e migliorare la qualità della vita dei cittadini. La diversità dei consumi in Italia riflette non solo le differenze economiche tra le varie regioni, ma anche le culture locali e le tradizioni alimentari, rendendo necessario un approccio strategico per affrontare le sfide economiche del futuro.