La tragica storia di Alessandro Venier, un uomo di 35 anni, ha scosso profondamente l’opinione pubblica, rivelando dettagli inquietanti su un omicidio avvenuto a Gemona del Friuli. La confessione di sua madre, Lorena Venier, e della compagna, Mailyn Castro Monsalvo, ha messo in luce una serie di eventi caratterizzati da violenza e disperazione. Questo articolo esplorerà gli aspetti più significativi di questa vicenda, evidenziando le dinamiche familiari e le complicazioni psicologiche che hanno portato a un atto così estremo.
la confessione agghiacciante
Secondo le dichiarazioni di Lorena, la tragedia è iniziata nel pomeriggio. «Lo abbiamo stordito con un sonnifero verso le 17.30, ma è morto solo verso le 23. Non riuscivamo a finirlo», ha affermato. Questo passaggio non solo evidenzia la brutalità dell’atto, ma anche la sofferenza prolungata di Alessandro, che ha lottato per la vita anche dopo essere stato sedato. La testimonianza di Lorena rivela un crescendo di angoscia, con tentativi di soffocamento che hanno incluso l’uso di un cuscino: «Abbiamo provato anche con un cuscino, ma lui continuava a reagire, seppure privo di forze».
La lotta disperata per la vita di Alessandro è stata segnata da un mix letale di farmaci e tentativi di soffocamento. Le modalità dell’omicidio pongono interrogativi sulla premeditazione, evidenziando la gravità della situazione. Lorena ha descritto come, una volta constatato il decesso, abbia proceduto a sezionare il corpo in tre parti con un seghetto: «Non ci sono stati schizzi, per questo hanno trovato tutto in ordine». Questo particolare suggerisce una pianificazione meticolosa, che desta preoccupazione.
il tentativo di nascondere il corpo
Il tentativo di smaltire il corpo di Alessandro è altrettanto inquietante. Lorena ha rivelato di aver pianificato di abbandonare i resti in un bosco, come avrebbe desiderato lui stesso. Questo dettaglio non solo evidenzia una mancanza di rispetto per la vita umana, ma anche una razionalizzazione dell’azione, che appare assurda. Mailyn, descritta come presente durante l’omicidio, ha avuto un ruolo attivo: «Teneva in braccio la figlioletta. È ricomparsa per spostare le tre parti del corpo nel bidone sistemato nell’autorimessa».
dinamiche familiari e tensioni sociali
L’indagine sull’omicidio ha svelato la complessa dinamica tra Lorena e Mailyn, così come il contesto difficile in cui Alessandro viveva. Secondo Lorena, il figlio stava progettando di partire per la Colombia, probabilmente per sfuggire a una condanna penale per lesioni personali. Questo ha spinto Lorena a temere per la vita di Mailyn, giustificando l’omicidio come una sorta di autodifesa: «O agivamo subito oppure all’estero, senza di me, l’avrebbe finita. La vita di Mailyn era in pericolo».
Le parole dell’avvocato difensore di Lorena, Giovanni De Nardo, hanno aggiunto un ulteriore strato alla vicenda, richiedendo una perizia psichiatrica per la sua assistita. Mailyn, attualmente in cura per depressione post partum, non ha ancora testimoniato, complicando ulteriormente la ricostruzione dei fatti.
La chiamata al 112 da parte di Mailyn ha segnato un momento cruciale. Durante la telefonata, ha esclamato: «No Lorena… Aiuto, venite in via dei Lotti. Mia suocera vuole ammazzare suo figlio». Questo grido d’aiuto ha rivelato la tensione estrema presente in quella casa, creando una scena drammatica e tragica.
In conclusione, la storia di Alessandro Venier non è solo un caso di omicidio, ma un riflesso delle dinamiche familiari, delle tensioni sociali e delle fragilità psicologiche. La società è ora chiamata a riflettere su una vicenda che ha messo in luce la complessità delle relazioni umane e le conseguenze devastanti di azioni estreme.