In un contesto di crescente preoccupazione per la salute pubblica e l’ambiente, le associazioni Peacelink e Giustizia per Taranto hanno intrapreso un’importante iniziativa legale, presentando un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) contro l’Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia) concessa all’ex Ilva. La conferenza stampa si è svolta davanti alla Prefettura di Taranto, un luogo simbolico per la lotta contro l’inquinamento industriale.
La questione dell’autorizzazione
Il fulcro della questione riguarda l’autorizzazione che consente all’Ilva di proseguire la produzione utilizzando carbone per ulteriori 12 anni. Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink, ha definito questa situazione “inaccettabile da qualsiasi punto di vista”, evidenziando l’assurdità di permettere tale attività in un contesto già compromesso. Il carbone, noto per le sue elevate emissioni di sostanze inquinanti, è considerato uno dei combustibili fossili più dannosi per la salute umana e l’ambiente.
In questo contesto, numerose realtà locali si sono unite nel ricorso, tra cui:
- Genitori Tarantini
- Isde Taranto
- Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti
Questa alleanza rappresenta un crescente senso di comunità e la volontà di combattere contro l’inquinamento e la crisi ambientale che affligge Taranto. A sostegno di questa mobilitazione, è stata avviata una raccolta fondi per coprire le spese legali associate al ricorso. “L’obiettivo iniziale era di 3.500 euro, ma in poche ore abbiamo superato i 5.000 euro”, ha dichiarato Marescotti, sottolineando il forte sostegno della comunità locale.
Le richieste delle associazioni
Marescotti ha inoltre sollecitato il “fermo immediato delle emissioni cancerogene, genotossiche e neurotossiche” provenienti dall’ex Ilva, definendo l’attuale situazione un “esperimento” che causa perdite ingenti, stimate in circa 100 milioni di euro al mese. Gli effetti dell’inquinamento industriale sulla salute dei cittadini tarantini sono stati documentati da numerosi studi, evidenziando un aumento dei casi di malattie respiratorie e oncologiche nella popolazione.
Oltre al ricorso, le associazioni hanno redatto una lettera indirizzata al governo, attraverso il prefetto, proponendo un piano per la gestione dei lavoratori in esubero di Acciaierie d’Italia. Le proposte includono:
- Attività di riforestazione
- Cura del verde pubblico
- Riqualificazione del patrimonio edilizio
- Interventi di protezione civile in risposta a eventi climatici estremi
“Per 10.000 lavoratori stimiamo un costo di 500 milioni di euro l’anno, un importo inferiore alla perdita attuale dell’azienda”, ha affermato Marescotti, evidenziando l’opportunità di riconvertire i lavoratori verso attività più sostenibili.
L’urgenza di un cambiamento
Massimo Ruggieri, presidente di Giustizia per Taranto, ha espresso preoccupazione riguardo ai tempi previsti dall’accordo di programma. “12, 8 o 5 anni sono tempi intollerabili; non possiamo accettare un’Aia con tre altiforni a carbone per così tanto tempo”, ha affermato. Ruggieri ha sottolineato l’urgenza di un cambiamento radicale, dichiarando che “quest’Aia non potrà continuare a farci male”.
La questione dell’ex Ilva è diventata un simbolo della lotta per la giustizia ambientale in Italia. La città di Taranto si trova ora a un bivio: da un lato, le necessità economiche legate alla produzione industriale, dall’altro, la crescente consapevolezza dei cittadini riguardo ai danni causati dall’inquinamento.
Le associazioni ambientaliste, insieme a cittadini sempre più consapevoli, stanno lottando per un futuro in cui la salute e l’ambiente siano prioritari, proponendo alternative concrete e sostenibili per la transizione economica di Taranto. In un momento di crisi come quello attuale, la loro voce diventa sempre più forte, rappresentando un segnale di speranza in un panorama spesso desolante.