Il 14 agosto 2023, Wim Wenders, il maestro del Nuovo Cinema Tedesco, ha compiuto 80 anni, un traguardo che segna non solo la sua vita, ma anche l’evoluzione del panorama cinematografico mondiale. La sua figura, sempre più solitaria e distintiva, si staglia in un panorama di giovani autori che, negli anni Settanta, hanno rivoluzionato i codici del cinema. Nato a Düsseldorf nel 1945, Wenders è il figlio ribelle di un medico affermato e cresce in un contesto familiare cattolico, dove inizialmente nutre aspirazioni religiose, desiderando diventare prete. Tuttavia, la sua vera vocazione si rivela ben presto: quella di cineasta.
Dopo il diploma al liceo umanistico di Oberhausen, Wenders intraprende un percorso accademico che lo porta a studiare medicina, seguendo le orme paterne. Ma la sua passione per il cinema è inarrestabile. Si iscrive a filosofia, ma abbandona gli studi dopo un solo semestre per dedicarsi completamente al suo sogno. Nel 1966, si trasferisce a Parigi, dove il richiamo della Cinémathèque Française di Henri Langlois lo affascina. In questo ambiente stimolante, Wenders trascorre ogni momento libero, lavorando nel frattempo come incisore nello studio dell’artista americano Johnny Friedlander. Le sue esperienze parigine sono formative: riesce a vedere fino a quattro film al giorno, sviluppando così una vasta cultura cinematografica che influenzerà profondamente il suo lavoro futuro.
La carriera di Wim Wenders
Tornato in Germania, Wenders frequenta l’Accademia del cinema di Monaco e inizia a realizzare i suoi primi cortometraggi tra il 1967 e il 1970. In questo periodo, diventa un attivo frequentatore dei cineclub e scrittore critico, stringendo amicizie con personalità del calibro del drammaturgo Peter Handke. La sua ammirazione per registi come Alexander Kluge lo inserisce nel movimento del Nuovo Cinema Tedesco, al fianco di altri talenti come Werner Herzog e Rainer Werner Fassbinder. Debutta nel lungometraggio nel 1970 con “Estate in città”, ma è con “La paura del portiere prima del calcio di rigore” (1972) che guadagna la sua prima grande visibilità, seguito dall’adattamento del romanzo di Hawthorne, “Lettera scarlatta”.
Negli anni Settanta, Monaco è un crogiolo di idee e innovazioni artistiche, e Wenders si lascia influenzare dalla musica rock, che diventa una parte integrante della sua vita e della sua opera. Suona anche in alcuni gruppi amatoriali e trova ispirazione nell’atmosfera multiculturale di Berlino Ovest, dove si trasferisce. Con la sua “trilogia del tempo” composta da “Alice nelle città”, “Falso movimento” e “Nel corso del tempo”, Wenders si afferma come un cineasta di riferimento. Il suo alter ego, Rüdiger Vogler, diventa una figura chiave nei suoi film, simboleggiando la ricerca di identità e significato.
Successi e riconoscimenti
A partire dal 1975, Wenders inizia a produrre i propri film e il suo lavoro raggiunge un pubblico internazionale con “L’amico americano” (1977), un thriller che unisce il talento di Dennis Hopper e Bruno Ganz. Questo film lo porta a Hollywood, dove sperimenta un periodo di alti e bassi: se da un lato “Nick’s Movie” è un tributo a Nicholas Ray e segna un’innovazione nel cinema-documentario, dall’altro “Hammet”, prodotto da Francis Ford Coppola, non riesce a trovare il suo posto all’interno dell’industria cinematografica americana.
Dopo un periodo di introspezione, Wenders torna in Germania e realizza “Lo stato delle cose” (1982), un’opera che vince il Leone d’oro a Venezia e riflette sulle difficoltà del suo mestiere. Il suo collaboratore Sam Shepard e l’attrice Nastassja Kinski lo accompagnano nel suo progetto successivo, “Paris, Texas” (1984), che ottiene la Palma d’oro al Festival di Cannes e rappresenta uno dei suoi maggiori successi.
Negli anni successivi, Wenders continua a produrre opere di grande impatto, tra cui “Il cielo sopra Berlino” (1987), che esplora la vita degli angeli in una Berlino divisa. Il culmine della sua prima carriera si può collocare tra “Fino alla fine del mondo” (1991) e “Così lontano, così vicino” (1993), che segna un ritorno alle atmosfere berlinesi.
L’evoluzione artistica e i progetti recenti
Dopo il 1993, Wenders si dedica principalmente ai documentari e alla fotografia, consolidando la sua reputazione come maestro in entrambi i campi. Film come “Buena Vista Social Club” e “Il sale della terra” con Sebastiao Salgado dimostrano la sua capacità di raccontare storie attraverso l’immagine. Inoltre, la sua collaborazione con Papa Francesco nel 2018 per un documentario offre uno spaccato della sua versatilità e apertura verso temi di rilevanza sociale.
Negli ultimi anni, Wenders ha continuato a sorprenderci, girando nel 2023 “Perfect Days”, un film che trae ispirazione dal maestro giapponese Yasujirō Ozu. Presentato al Festival di Cannes, il film ha riscosso un incredibile successo sia di pubblico che di critica, testimoniando come la creatività di Wenders continui a fiorire nonostante il passare del tempo. Con un percorso ricco di esperienze, Wenders rimane un simbolo di innovazione e passione nel cinema contemporaneo, dimostrando che la bellezza della settima arte è senza tempo.