Madre di sei figli uccisa dall’ex marito: il drammatico caso di La Spezia e il braccialetto elettronico guasto

Madre di sei figli uccisa dall'ex marito: il drammatico caso di La Spezia e il braccialetto elettronico guasto

Madre di sei figli uccisa dall'ex marito: il drammatico caso di La Spezia e il braccialetto elettronico guasto

Matteo Rigamonti

Agosto 15, 2025

La tragedia avvenuta a La Spezia ha scosso profondamente la comunità e riacceso il dibattito sulla violenza di genere e sull’efficacia delle misure di protezione. Tiziana Vinci, una madre di sei figli di 54 anni, è stata brutalmente uccisa dal suo ex marito, Umberto Efeso, di 57 anni. Nonostante fosse sottoposto a misure di protezione, Efeso è riuscito ad avvicinarsi a Tiziana e a colpirla con un coltello, segnando un altro tragico episodio di femminicidio in Italia.

la dinamica dell’omicidio

L’omicidio si è verificato nella villa di un imprenditore dove Tiziana stava lavorando. Il suo ex marito, dopo aver compiuto l’orrendo gesto, si è presentato alla stazione dei carabinieri di Ceparana, dichiarando: «Ho ucciso la mia ex moglie. Sto andando a costituirmi». Questo ha messo fine a una fuga durata solo un’ora, ma ha lasciato una scia di dolore e incredulità tra i familiari e la comunità.

Umberto Efeso era soggetto a un provvedimento di divieto di avvicinamento e indossava un braccialetto elettronico per monitorare i suoi spostamenti. Tuttavia, il dispositivo era guasto da dieci giorni e non era stato riparato o sostituito. Questo malfunzionamento ha sollevato interrogativi sull’efficacia delle misure previste dal Codice Rosso, la legge italiana che mira a proteggere le vittime di violenza domestica.

il dramma di una vita segnata dalla violenza

La vita di Tiziana era stata segnata da anni di maltrattamenti. Dopo aver trovato il coraggio di lasciare la casa di famiglia a Piana Battolla, sperava di iniziare una nuova vita a La Spezia, lontano dall’ossessivo controllo dell’ex marito. Purtroppo, nonostante i tentativi di protezione delle autorità, la situazione è degenerata in modo tragico. I figli, nel loro profondo dolore, si sono posti domande angosciose:

  1. «Perché è arrivato fin qui?»
  2. «Come è potuto entrare?»
  3. «Non avrebbe dovuto restare lontano?»

Queste domande evidenziano la frustrazione e l’impotenza di fronte a un sistema che, in questo caso, non ha garantito la sicurezza necessaria.

un appello alla responsabilità collettiva

L’omicidio di Tiziana ha riacceso il dibattito sulla violenza di genere e sulla necessità di migliorare i protocolli di intervento per le vittime di violenza domestica. Ogni anno, in Italia, si registrano numerosi casi di femminicidio, e le statistiche mostrano un trend allarmante. È fondamentale che le istituzioni si facciano carico della responsabilità di garantire la sicurezza delle donne che denunciano violenze, assicurando che le misure di protezione siano effettive e funzionanti.

La comunità è chiamata a riflettere sui segnali di allerta e a promuovere una cultura di rispetto e sostegno verso le vittime. La lotta contro la violenza di genere richiede un impegno collettivo, affinché simili tragedie non si ripetano più. La responsabilità non ricade solo sulle istituzioni, ma coinvolge ogni singolo individuo, che può contribuire a creare un ambiente più sicuro e accogliente per tutti.