Svelati i membri del gruppo Facebook “Mia Moglie”: medici, professori e poliziotti tra gli iscritti della pagina chiusa dalla polizia postale

Svelati i membri del gruppo Facebook “Mia Moglie”: medici, professori e poliziotti tra gli iscritti della pagina chiusa dalla polizia postale

Svelati i membri del gruppo Facebook “Mia Moglie”: medici, professori e poliziotti tra gli iscritti della pagina chiusa dalla polizia postale

Matteo Rigamonti

Agosto 21, 2025

Il recente scandalo del gruppo Facebook “Mia Moglie” ha scosso l’opinione pubblica, rivelando una realtà inquietante. Questo gruppo, chiuso dalla Polizia Postale a seguito di una valanga di segnalazioni, ha visto la partecipazione di oltre 32.000 iscritti, prevalentemente uomini, che con sorprendente indifferenza postavano foto intime delle proprie mogli, compagne e persino zie, senza il loro consenso. I commenti e le interazioni su queste immagini rendevano il tutto simile a un mercato di oggetti, una situazione che ha sollevato legittime preoccupazioni sul rispetto della dignità femminile e sulla privacy.

Chi sono gli iscritti al gruppo?

Una domanda inquietante che ha trovato risposta, almeno in parte, attraverso ricerche sui profili visibili e non anonimi. Tra i membri “insospettabili” si annoveravano poliziotti, medici, avvocati, dirigenti sanitari, militari, direttori di banca e insegnanti, inclusi docenti universitari. Queste professioni dovrebbero garantire la sicurezza, la salute e l’educazione del nostro Paese, eppure alcuni di questi individui si sono ritrovati a partecipare a un gruppo che non solo promuoveva comportamenti inaccettabili, ma violava anche la legge.

L’attivista Biancamaria Furci ha denunciato pubblicamente questa situazione, sottolineando l’ipocrisia di chi, pur ricoprendo ruoli di responsabilità e fiducia, si è trovato coinvolto in un simile scandalo. La questione solleva interrogativi profondi sulla moralità e sull’etica di individui che, nella loro vita quotidiana, dovrebbero essere modelli di comportamento. Spesso mariti e padri di famiglia, questi uomini hanno messo in discussione il loro ruolo all’interno della società, mostrando come la violazione della privacy e il disprezzo per le donne possano nascondersi anche dietro le facciate più rispettabili.

La proliferazione di gruppi simili

Un ulteriore aspetto da considerare è la presenza di altri gruppi simili su Facebook e altre piattaforme. Effettuando una ricerca su Facebook con la frase “mia moglie”, emergono altri gruppi dal titolo provocatorio come:

  1. “Io e la mia ca**o di moglie”
  2. “I fan di mia moglie”
  3. “Vi presento mia moglie”

Questi gruppi pubblici e privati, spesso privi di regole chiare, sembrano prosperare su una cultura di oggettivazione e sessualizzazione delle donne, rendendo necessario un intervento più ampio da parte delle autorità.

La reazione della società

Molti degli utenti che si sono iscritti a “Mia Moglie” lo hanno fatto per esprimere indignazione e condanna per le pratiche in corso. Alcuni hanno anche intrapreso un’azione proattiva, contattando le mogli e i figli degli iscritti per metterli in guardia su questo comportamento inaccettabile. Questa reazione dimostra che, sebbene il gruppo avesse una base di iscritti sorprendentemente ampia, esiste anche una fetta di società che si oppone fermamente a tali denigrazioni e violazioni della privacy.

Dopo le segnalazioni alla Polizia Postale, il gruppo è stato finalmente chiuso, ma la questione non si limita a questo singolo caso. È fondamentale considerare l’esistenza di altri gruppi simili, che continuano a operare su piattaforme come Facebook, Telegram e altri social media, rendendo il problema ancor più complesso. L’anonimato e la facilità di accesso a queste piattaforme consentono la proliferazione di tali comportamenti, rendendo necessaria una vigilanza costante e una maggiore regolamentazione.

In questo contesto, è evidente che l’intervento delle autorità deve essere accompagnato da una riflessione culturale più profonda. È necessario promuovere un cambiamento nelle mentalità, educando la società al rispetto delle donne e alla valorizzazione delle relazioni basate sul consenso e sul rispetto reciproco. Le istituzioni devono lavorare insieme a organizzazioni civili e attivisti per affrontare non solo le conseguenze legali di comportamenti inaccettabili, ma anche per prevenire la diffusione di ideologie tossiche che alimentano la cultura dello sfruttamento e dell’oggettivazione.

La chiusura del gruppo “Mia Moglie” è solo un passo in un lungo percorso verso la giustizia e il rispetto delle donne. È fondamentale continuare a monitorare, denunciare e combattere contro qualsiasi forma di violenza o abuso, sia online che offline. La società ha il dovere di proteggere i propri membri più vulnerabili e di garantire che nessuno possa sentirsi al sicuro nel perpetrare atti di violenza o denigrazione, sia essa fisica o virtuale.