Tradita e umiliata: le vittime del gruppo “Mia Moglie” raccontano la loro verità

Tradita e umiliata: le vittime del gruppo “Mia Moglie” raccontano la loro verità

Tradita e umiliata: le vittime del gruppo “Mia Moglie” raccontano la loro verità

Matteo Rigamonti

Agosto 23, 2025

Due storie di tradimento e umiliazione si intrecciano in un racconto di dolore e resilienza. Chiara e Laura, nomi di fantasia per proteggere le loro identità, hanno vissuto esperienze devastanti a causa della violazione della loro privacy da parte dei mariti. Entrambi gli uomini hanno condiviso immagini intime delle loro mogli nel gruppo Facebook “Mia Moglie”, un luogo di oggettivazione e abuso che ha attirato oltre 32.000 membri. La chiusura del gruppo, avvenuta dopo numerose segnalazioni alla polizia postale, non ha però fermato il dolore e la sofferenza delle vittime, che continuano a emergere con le loro storie.

La testimonianza di Chiara

Chiara, originaria del Sud Italia, ha scoperto online foto del suo corpo nudo, immagini che aveva condiviso solo con il marito. “Ho visto i commenti agghiaccianti sotto le foto. È stato lui, l’uomo con cui ho costruito una famiglia, a diffondere quelle immagini”, racconta. La scoperta ha scatenato in lei sentimenti di ribrezzo e paura. “Quando gli ho chiesto spiegazioni, ha confessato tutto, spaventato dalle segnalazioni che stavano arrivando. Ha rimosso i contenuti, ma prima ha scritto: ‘Salve, sono nuovo in questo gruppo, ho una moglie super bona e arrapante’.” Per Chiara, questa rivelazione ha aperto una ferita profonda nella loro relazione.

La storia di Laura

Laura ha scoperto il gruppo quasi per caso, sentendo parlare della vicenda su internet. “Sono entrata senza iscrivermi e ho trovato commenti ripugnanti. Alcuni nomi mi erano familiari, professionisti rispettati della mia città”, spiega. Lo shock è arrivato quando ha riconosciuto se stessa in una delle foto. “Era il mio letto, ero io in primo piano. Ho chiuso il telefono e ho pianto”, ricorda. Quando ha affrontato il marito, lui ha minimizzato, giustificando il suo comportamento come “solo un gioco”.

La violenza psicologica e la decisione di agire

Entrambe le donne hanno dovuto affrontare la violenza psicologica. Chiara racconta come il marito non solo non si sia scusato, ma l’abbia anche accusata di voler distruggere la loro famiglia per una “scemenza”. Laura ha deciso di chiedere al marito di lasciare casa: “Non potevo più sopportare di vederlo nemmeno un minuto”. Entrambe le donne descrivono l’atto di esporre le donne in quel modo come un abuso inaccettabile. “L’uomo che mi diceva ‘ti amo’ mi ha esposta come si fa con le merci al mercato”, afferma Laura. Chiara aggiunge: “Ho compreso che se un uomo ama, non fa questo”.

La questione economica si fa complicata per Chiara, che teme di non essere in grado di affrontare la situazione da sola. “Non ho un reddito sufficiente per allontanarmi. Ho dei figli adolescenti che non sanno nulla di questo dramma”, racconta. Entrambe si interrogano su come un gruppo del genere sia rimasto attivo su Facebook per sei anni senza essere segnalato. “È allucinante”, dice Laura, incredula.

Dopo aver affrontato il dolore, Chiara e Laura hanno deciso di agire. “Mi sono sentita tradita due volte”, afferma Laura, richiamando esperienze passate di abusi. Chiara, supportata da altre madri, si sta preparando a contattare un avvocato. “Ho aperto gli occhi e non li chiudo più”, afferma con determinazione.

Entrambe le donne sono pronte a denunciare. Hanno salvato screenshot e prove delle violazioni subite e vogliono chiedere giustizia. “Questa non è solo una questione personale; è una battaglia contro la violenza di genere e l’oggettivazione delle donne”, afferma Laura. Le loro testimonianze rappresentano un grido di aiuto e una richiesta di cambiamento in una società che deve affrontare e combattere le ingiustizie perpetrate nel silenzio. La chiusura del gruppo “Mia Moglie” segna solo l’inizio: la lotta per la dignità e il rispetto delle donne deve continuare.