CasaPound annuncia battaglia per difendere il palazzo di via Napoleone III

CasaPound annuncia battaglia per difendere il palazzo di via Napoleone III

CasaPound annuncia battaglia per difendere il palazzo di via Napoleone III

Matteo Rigamonti

Agosto 25, 2025

La questione dello stabile occupato da CasaPound Italia in via Napoleone III a Roma è tornata al centro dell’attenzione dopo lo sgombero del centro sociale Leoncavallo a Milano. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha annunciato che anche CasaPound sarà soggetta a sgombero, generando reazioni forti da parte del movimento di estrema destra. Il portavoce Luca Marsella ha dichiarato che, in caso di un’operazione simile a quella di Milano, il gruppo è pronto a difendere l’edificio, sottolineando che la loro occupazione non può essere paragonata a quella milanese.

La storia di CasaPound a Roma

CasaPound occupa l’edificio di sei piani, di proprietà dell’Agenzia del Demanio, dal 27 dicembre 2003. Situato vicino alla stazione Termini, questo palazzo è sotto sequestro dal maggio 2020. I mancati introiti per il Demanio a causa dell’occupazione ammontano a circa 4,6 milioni di euro. La situazione si complica ulteriormente con le affermazioni di Marsella, che richiede un trattamento simile a quello riservato ai centri sociali di sinistra, evidenziando la disparità di trattamento tra occupazioni politiche. Secondo lui, l’operazione di Milano sarebbe stata un bluff per regolarizzare una situazione di illegalità, senza affrontare realmente il problema delle occupazioni.

La retorica di CasaPound

Marsella ha affermato: «Non ci tirate in mezzo alla storia di Milano, ma sappiate che vogliamo avere lo stesso trattamento riservato ai centri sociali di sinistra». Questa dichiarazione evidenzia la volontà del movimento di non essere visto come un’eccezione nel panorama delle occupazioni a Roma. CasaPound, secondo il portavoce, ha subito sgomberi da amministrazioni sia di centrodestra che di centrosinistra, ma si sente discriminata rispetto ad altre realtà occupate sul territorio.

Un aspetto significativo è che dieci attivisti di CasaPound sono stati condannati a due anni e due mesi di reclusione per l’occupazione, tra cui anche Gianluca Iannone, presidente del movimento, che ha scontato un ulteriore anno di carcere per violenze avvenute in altre circostanze. Questo elemento sottolinea le difficoltà legali che il movimento affronta e la percezione di una giustizia che non sempre sembra equa nei suoi confronti.

La vita all’interno di CasaPound

All’interno dell’edificio occupato, coabitano militanti e famiglie. Marsella ha spiegato che, sebbene i militanti siano un elemento cruciale della comunità, forniscono anche un rifugio a chi ha bisogno di una casa. «Certo, se hanno bisogno di una casa. Solo che noi piantiamo il Tricolore», ha sottolineato, evidenziando l’ideologia di fondo che permea il movimento. La presenza di famiglie italiane all’interno della struttura è un fattore che CasaPound usa per legittimare la propria occupazione, presentandosi come un’alternativa sociale in un contesto di difficoltà abitativa.

Le politiche abitative a Roma

La questione delle occupazioni e della gestione delle politiche abitative a Roma è complessa e intricata. Le amministrazioni comunali hanno spesso cercato di affrontare il problema attraverso progetti di rigenerazione urbana, come nel caso del Porto Fluviale, il cui progetto prevede investimenti significativi, compresi fondi del PNRR. Tuttavia, questa strategia solleva interrogativi sulle reali intenzioni del governo e su come questi investimenti possano influire sull’occupazione e sulle comunità vulnerabili.

La critica di CasaPound verso questo tipo di interventi è chiara: «Si spendono milioni, ma non per la nostra occupazione dove a rotazione assistiamo venti famiglie italiane». Questo mette in evidenza una frustrazione crescente nei confronti di politiche che sembrano trascurare certe realtà.

Le prospettive future

CasaPound sta affrontando un momento cruciale e le sue dichiarazioni di resistenza allo sgombero rappresentano non solo un atto di difesa del proprio spazio, ma anche un segnale di come il movimento intenda posizionarsi nel dibattito politico e sociale attuale. La loro lotta è emblematicamente legata a una visione più ampia delle politiche abitative in Italia e delle scelte fatte dalle amministrazioni locali. La storia di via Napoleone III è un microcosmo delle tensioni più ampie che caratterizzano la capitale e, per estensione, l’intero paese.