Dazi raddoppiati su Parmigiano e Grana: l’intervento della Farnesina

Dazi raddoppiati su Parmigiano e Grana: l'intervento della Farnesina

Dazi raddoppiati su Parmigiano e Grana: l'intervento della Farnesina

Giada Liguori

Agosto 28, 2025

Le recenti tensioni tra Unione Europea e Stati Uniti riguardo ai dazi sulle esportazioni di prodotti caseari italiani stanno sollevando preoccupazioni significative nel settore alimentare. In particolare, le dogane portuali di New York e del New Jersey hanno applicato un dazio più elevato sul Grana Padano e sul Parmigiano Reggiano, due delle più celebri denominazioni di origine protetta (DOP) italiane. Questi nuovi sviluppi hanno spinto il ministro degli Esteri Antonio Tajani a richiedere l’intervento immediato della Task Force Dazi della Farnesina, che si è attivata per tutelare le produzioni di eccellenza italiane.

La questione dei dazi

Secondo le informazioni fornite dagli esperti del settore, l’applicazione di questi dazi più elevati sembra derivare da un’interpretazione errata degli accordi esistenti. Da decenni, il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano sono soggetti a un dazio del 15% per le importazioni negli Stati Uniti. Tuttavia, a partire da aprile 2025, è stato introdotto un ulteriore dazio del 10%, portando il totale a un preoccupante 25%. Fortunatamente, grazie a un accordo raggiunto tra Stati Uniti e Unione Europea, dal 7 agosto 2025, i dazi sul Parmigiano Reggiano sono stati ridotti al 15%, uniformando le tariffe a questo nuovo livello.

Confusione nelle dogane

Il nodo centrale della questione risiede nel complesso meccanismo che regola l’importazione di formaggi a pasta dura negli Stati Uniti. L’accordo stabilisce che un determinato quantitativo di formaggio europeo può entrare nel mercato statunitense con un dazio del 15%. Tuttavia, per le importazioni che superano questa soglia, è previsto un dazio fisso di 2,2 euro al chilo. Questo sistema ha generato confusione e, secondo quanto riportato, le dogane di New York e del New Jersey hanno erroneamente applicato una combinazione di questi dazi, raddoppiando il costo per gli importatori.

Le reazioni dei consorzi

Antonio Tajani ha immediatamente chiesto una “corretta applicazione dell’intesa” e ha avviato passi specifici con l’ambasciata statunitense a Roma e con la direzione generale Commercio della Commissione Europea. Analoghe istruzioni sono state fornite all’Ambasciata italiana a Washington per garantire che le produzioni italiane siano tutelate.

Le reazioni dei consorzi di tutela delle due DOP non si sono fatte attendere. Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano, ha sottolineato che:

  1. “È stato erroneamente applicato un dazio aggiuntivo del 15%.”
  2. “Questo ha raddoppiato in sostanza il dazio, senza rispettare l’accordo di un 15% all-inclusive.”

Bertinelli ha espresso gratitudine verso il ministro Tajani per il suo intervento volto a “fare chiarezza” su una situazione che rischia di compromettere le esportazioni di prodotti di alta qualità.

Anche il Consorzio Tutela Grana Padano ha espresso il proprio apprezzamento per la prontezza di Tajani. Stefano Berni, direttore generale del consorzio, ha evidenziato come il ministro si sia attivato rapidamente dopo aver ricevuto segnalazioni riguardo all’interpretazione penalizzante degli accordi da parte delle dogane. Berni ha chiarito che per il formaggio importato al di fuori delle licenze, le autorità doganali pretendono sia il costo fisso storico di ingresso (circa 2,2 dollari al chilo) sia un’aggiunta del 15%, portando così il costo complessivo a quasi 5 dollari al chilo, il che rappresenta quasi il 30% del valore del prodotto all’arrivo in porto.

Secondo i documenti visionati dal Consorzio, dovrebbe essere applicata una sola delle due tariffe, quella meno vantaggiosa per l’importatore, e non entrambe sommate. Berni ha espresso fiducia nella diplomazia italiana ed europea, sperando che questo malinteso venga rapidamente chiarito, dato che oltre il 35% delle esportazioni di Grana Padano e Parmigiano Reggiano negli Stati Uniti avviene attraverso canali al di fuori delle licenze di importazione, per un totale di circa 200.000 forme da 39/40 kg ciascuna.

Questa situazione rappresenta una sfida significativa per i produttori italiani, già alle prese con le difficoltà legate alla concorrenza internazionale e ai costi di produzione sempre più elevati. La speranza è che un intervento tempestivo possa evitare ripercussioni economiche gravi per il settore caseario italiano, che è un simbolo della qualità e della tradizione gastronomica del nostro paese.