Guillermo del Toro, il pluripremiato regista messicano, torna a far parlare di sé con il suo attesissimo adattamento di “Frankenstein”, il capolavoro di Mary Shelley. Questo progetto rappresenta il sogno di una vita per Del Toro, che riesce a mantenere intatta l’essenza del romanzo, pur introducendo elementi nuovi e attuali. Il film, che vedrà protagonisti Oscar Isaac nei panni del creatore Victor Frankenstein e Jacob Elordi in quelli della creatura, affronta questioni di grande rilevanza sociale e culturale.
Del Toro ha dichiarato: “Il dovere che sento come autore è essere sincero e intimo come Mary Shelley, tenendo presente che il romanzo va negli scaffali e il film sul grande schermo”. La sua visione si sviluppa attorno a una domanda centrale: cosa significa essere umani in un’epoca caratterizzata da tecnologia e conflitti incessanti. La Mostra del Cinema di Venezia ospiterà il film, disponibile in sale selezionate dal 22 ottobre e su Netflix dal 7 novembre.
il messaggio di accettazione dell’imperfezione
Del Toro sottolinea come la nostra società contemporanea tenda a disumanizzarci, dividendo le persone in due categorie: “puri e terribili”. Questo dualismo non consente alcun dialogo o libertà di definire cosa significhi essere umani. Il suo “Frankenstein” si fa portavoce di un messaggio di accettazione dell’imperfezione, esprimendo che è possibile essere sia buoni che cattivi. “Le nostre esperienze sono piene di sfumature e ci ricordano cosa significhi essere umani in tutti gli aspetti, compresi gli errori e il perdono”, afferma Del Toro, evidenziando l’importanza di un dialogo con l’imperfezione.
i veri mostri della nostra epoca
Il regista, noto per il suo amore per il fantastico e il grottesco, non esita a identificare i veri mostri della nostra epoca: “Li vedi in giacca e cravatta. Chi è pronto a disumanizzarci per un’idea, un obiettivo che non ha nessun valore”. Inoltre, il suo “Frankenstein” porta un forte messaggio contro le guerre, un tema ricorrente nelle sue opere, dove la violenza e la sofferenza umana sono sempre presenti.
L’adattamento di Del Toro non è una semplice trasposizione del romanzo, ma arricchisce la storia con nuovi elementi. Un interessante sviluppo è rappresentato dal personaggio di Henrich Harlander, interpretato da Christoph Waltz. Harlander, mercante d’armi e finanziatore di Victor, è anche lo zio della brillante e sensibile Elizabeth, interpretata da Mia Goth. La complessità della trama aumenta grazie al legame tra Victor e Elizabeth, che aggiunge profondità alla narrazione.
un viaggio personale e sociale
Oscar Isaac interpreta Victor come un artista, un outsider alienato dalla vita. Del Toro descrive Victor come incapace di connettersi con gli altri, vivendo il suo dolore come una forma di crudeltà. Una battuta del film, attribuita a Elizabeth, recita: “I più grandi tiranni pensano di essere delle vittime”, suggerendo una riflessione profonda sulla natura del potere e della sofferenza.
Mia Goth sottolinea l’importanza di rileggere il romanzo per comprendere il senso di isolamento e la mancanza di appartenenza, elementi che risuonano fortemente nella sua interpretazione. Quando gli è stato chiesto se il film potesse essere visto anche come una metafora sull’intelligenza artificiale, Del Toro ha risposto: “Non mi fa paura l’intelligenza artificiale, ma la stupidità naturale”. La sua riflessione si concentra su come sopravvivere ai cicli di terrore e intimidazione, evidenziando l’importanza dell’amore come risposta a queste sfide.
Con questo adattamento di “Frankenstein”, Guillermo del Toro non solo rende omaggio all’opera di Mary Shelley, ma si propone di esplorare la condizione umana in un contesto contemporaneo. Il regista invita il pubblico a riflettere su temi complessi e attuali, offrendo una narrazione che è tanto un viaggio personale quanto un’analisi critica della società moderna.