Dentro i gruppi «Mia Moglie» e Phica.eu: la testimonianza shock di un utente

Dentro i gruppi «Mia Moglie» e Phica.eu: la testimonianza shock di un utente

Dentro i gruppi «Mia Moglie» e Phica.eu: la testimonianza shock di un utente

Matteo Rigamonti

Agosto 31, 2025

Francesco, un uomo di 43 anni residente a Roma, rappresenta una delle migliaia di utenti che hanno navigato nei controversi gruppi online come «Mia Moglie» e Phica.eu, recentemente chiusi a causa di un’ondata di scandali legati alla divulgazione di foto intime di donne senza il loro consenso. Nonostante la tempesta mediatica e le accuse di sessismo e molestie, Francesco afferma senza remore: «Non mi sono pentito. Non mi sento un criminale, non ho fatto male a nessuno. Un po’ idiota sì, ma quello lo sapevo».

Per lui, la partecipazione a questi gruppi non è vista come un atto di violenza o di prevaricazione, ma piuttosto come un modo di divertirsi. «Era solo divertimento, non sono un maniaco. Ma se le cose che mi capitava di scrivere le dicessero alla mia ragazza farei una strage», confessa, rivelando una profonda dicotomia tra il suo comportamento online e il rispetto che dice di avere per le donne nella sua vita reale, tra cui la sua compagna di lungo corso e sua sorella.

la percezione del divertimento

Nel suo racconto, Francesco sembra non cogliere appieno la gravità della situazione, minimizzando le conseguenze delle sue azioni. «È una cosa da uomini. Come quando con gli amici fai i commenti su qualcuna: “Guarda che tette, me la farei”… Ma nessuno parla sul serio, si cazzeggia», afferma, cercando di giustificare la sua partecipazione a un ambiente che, per molti, è sinonimo di misoginia e oggettivazione femminile.

Tuttavia, non manca di riconoscere che ci sono aspetti inquietanti all’interno di questi gruppi. «Nei gruppi c’erano i classici boomer che guardano le ragazzine, guardoni malati di mente. Molte persone postavano le foto delle mogli o delle compagne a loro insaputa. Questa cosa è una schifezza, io non la farei mai», ammette. Qui emerge una contraddizione: mentre Francesco si distanzia da comportamenti che considera inaccettabili, sembra giustificare il proprio coinvolgimento in un contesto che favorisce tali dinamiche.

il gioco pericoloso

Il divertimento, per lui, si esprime attraverso la creazione di commenti provocatori e la condivisione di foto, ritagliate per evidenziare particolari che stimolano la conversazione. «Prendi una foto trovata in rete, la “croppi”, cioè la ritagli nelle parti che più ti interessano, e fai partire i commenti. Il divertimento è tutto lì. Alzi il tiro nei commenti, poi vedi quello che succede», racconta, descrivendo un comportamento che, per molti, può apparire come un gioco pericoloso.

Francesco sembra non rendersi conto di come la sua definizione di divertimento possa avere ripercussioni reali sulle vite delle persone coinvolte. «C’è gente che si eccita all’idea che sta guardando una che potrebbe essere la vicina di casa o la ragazza di un suo amico. Lo stesso vale per i vip, c’è chi si diverte a insultarli. Questi posti diventano luoghi per sfogare a parole la sessualità repressa», spiega, delineando una visione distorta della realtà in cui il confine tra il gioco e la violazione diventa sempre più labile.

la resilienza dei gruppi online

Quando si parla della chiusura di Phica.eu e di «Mia Moglie», Francesco non mostra segni di preoccupazione. «Non mi sono né pentito né spaventato. Questa roba non finirà mai. È pieno di pagine su Facebook, su Telegram e su tutti i social. Ciclicamente qualche pagina finisce sui giornali, la chiudono e poi si ricomincia… È come la chat degli amici del calcetto, solo che c’è più gente», afferma con una certa nonchalance.

Questa affermazione mette in luce un’altra verità sconcertante: la resilienza di questi gruppi e la loro capacità di rigenerarsi malgrado le critiche e le denunce. Francesco sembra considerare la chiusura di queste piattaforme come un evento temporaneo piuttosto che una soluzione a un problema radicato nella cultura contemporanea. La sua visione rimanda a una mentalità che spesso minimizza i danni causati da tali comportamenti, evidenziando una disconnessione tra l’esperienza virtuale e la realtà delle conseguenze che queste azioni possono avere.

La sua testimonianza, sebbene controversa, offre uno sguardo inquietante su una parte della società che spesso rimane nell’ombra: quella di uomini che, pur riconoscendo la problematicità di certe dinamiche, continuano a partecipare attivamente a forum e gruppi che alimentano una cultura di oggettivazione. In questo contesto, la riflessione su cosa significhi davvero rispettare le donne e trattarle come esseri umani completi, piuttosto che come oggetti di intrattenimento, diventa cruciale. La sua esperienza, quindi, solleva interrogativi non solo sulla sua persona, ma su una cultura che, fin troppo spesso, sembra giustificare comportamenti problematici sotto la scusa del divertimento.