Un braccio robotico innovativo che riesce a percepire il tatto

Un braccio robotico innovativo che riesce a percepire il tatto

Un braccio robotico innovativo che riesce a percepire il tatto

Giada Liguori

Settembre 4, 2025

L’innovazione nel campo della robotica sta rivoluzionando il modo in cui possiamo interagire con il mondo. Recentemente, un team di ricerca guidato da Domenico Prattichizzo dell’Università di Siena ha sviluppato un braccio robotico extra capace di muoversi, manipolare oggetti e trasmettere la sensazione del tatto. Presentato durante l’evento Automatica.it 2025 a Perugia, questo progetto europeo, noto come Haria, ha già dimostrato il suo potenziale, consentendo a un paziente con braccio paralizzato di versare autonomamente dell’acqua in un bicchiere.

L’essere umano possiede diverse forme di intelligenza, tra cui quella senso-motoria, fondamentale per la manipolazione precisa degli oggetti. Il team di ricerca mira a sfruttare la robotica e l’intelligenza artificiale per estendere le capacità umane attraverso l’uso di arti extra, un concetto noto come “human-robotic empowerment”. Questo approccio consente ai pazienti che hanno subito ictus o incidenti di controllare un braccio robotico, migliorando così la loro qualità di vita.

Il progetto Haria e la sua innovazione

Il progetto Haria ha visto la collaborazione di diverse istituzioni, tra cui l’Istituto Italiano di Tecnologia. Tra i risultati più promettenti, uno degli aspetti più innovativi è la possibilità di controllare un robot attraverso il movimento residuo del braccio paralizzato. Grazie a una rete di sensori mobili, il sistema è in grado di captare i segnali dal braccio non funzionante e trasmettere la sensazione del tatto dai sensori posizionati sul robot stesso. Questo permette al paziente di:

  1. Muovere l’arto robotico.
  2. “Sentire” ciò che manipola, creando un’esperienza di interazione naturale e intuitiva.

Semplicità e accessibilità della tecnologia

Un elemento chiave del progetto è la sua semplicità: non sono necessari impianti chirurgici complessi, rendendo la tecnologia accessibile e meno invasiva per i pazienti. Maria Pozzi, parte del team di ricerca, ha evidenziato come l’obiettivo principale sia restituire un senso di autonomia a persone con disabilità per alcune operazioni quotidiane. Questo aspetto è cruciale non solo per il miglioramento delle capacità fisiche, ma anche per il benessere psicologico degli individui coinvolti.

La libertà di svolgere attività quotidiane, come bere autonomamente o afferrare oggetti, rappresenta un grande passo avanti per le persone con disabilità motorie. L’implementazione di un braccio robotico che operi in sinergia con il corpo umano non solo migliora la funzionalità fisica, ma contribuisce anche a ripristinare la dignità e l’autoefficacia del soggetto.

Verso un futuro di possibilità

Il progetto Haria si inserisce in una visione più ampia: sviluppare tecnologie che amplino le capacità umane. L’idea è che, attraverso il controllo di arti extra indossabili, si possano aprire nuove possibilità di crescita e sviluppo a livello individuale e collettivo. La robotica diventa quindi non solo un mezzo per ripristinare funzioni perdute, ma anche uno strumento per migliorare la vita di ciascuno di noi.

La ricerca continua con l’obiettivo di perfezionare ulteriormente la tecnologia, rendendola sempre più accessibile. I progressi nel campo dell’intelligenza artificiale e dei materiali avanzati promettono di rendere gli arti robotici più funzionali, leggeri e facili da indossare, favorendo la loro diffusione nel mondo della riabilitazione e della cura.

In conclusione, l’innovazione rappresentata da questo braccio robotico non è solo un progresso tecnologico, ma ha il potenziale di cambiare radicalmente la vita delle persone con disabilità. La combinazione di robotica, intelligenza artificiale e un approccio centrato sul paziente segna un nuovo capitolo nella storia della medicina e della riabilitazione. I risultati di Haria offrono una visione incoraggiante del futuro, dove la tecnologia non solo assiste l’essere umano, ma ne amplifica le capacità, portando a un nuovo standard di vita per chi ha subito gravi limitazioni fisiche.