Entro la fine di ottobre, il carcere torinese Lorusso e Cutugno si prepara a inaugurare la sua “stanza dell’affettività”, un’iniziativa che rappresenta un passo significativo nel sistema penitenziario italiano. Questo sarà il primo grande istituto di pena in Italia a fornire uno spazio dedicato per incontri intimi tra detenuti e i loro partner, in seguito alla recente pronuncia della Corte costituzionale, che ha ribadito l’importanza di riconoscere il diritto all’affettività come parte integrante della vita familiare. I giudici hanno sottolineato che la richiesta di colloqui intimi con i propri coniugi non può essere considerata una mera aspettativa, ma piuttosto un diritto fondamentale, limitabile solo per motivi di sicurezza, ordine interno o in presenza di procedimenti giudiziari.
La stanza dell’affettività
La “stanza dell’affettività” è stata ricavata all’interno del padiglione “E”, ora sezione Arcobaleno, dove sono ospitati i detenuti in semilibertà e coloro che lavorano all’interno del carcere. Questo spazio, di circa quindici metri quadri, è stato arredato in modo essenziale, comprendendo un letto, un bagno e una doccia, per garantire un ambiente intimo e dignitoso per gli incontri. Ogni visita potrà durare tra una e due ore, e i detenuti avranno la possibilità di organizzare fino a tre appuntamenti al giorno. Prima di ogni utilizzo, la stanza sarà sottoposta a una bonifica da parte del personale penitenziario, mentre solo il detenuto verrà perquisito al termine dell’incontro, lasciando il partner esente da controlli.
Reazioni all’iniziativa
La notizia dell’apertura della stanza ha suscitato reazioni contrastanti. Da un lato, giuristi e associazioni per i diritti umani hanno accolto positivamente questa iniziativa, considerandola un passo importante verso un adeguamento del sistema carcerario alle garanzie costituzionali e ai diritti dei detenuti. Dall’altro lato, i sindacati di polizia penitenziaria hanno sollevato critiche significative. Leo Beneduci, segretario nazionale dell’Osapp, ha affermato che questa decisione segna la rottura di un tabù, definendo l’introduzione degli incontri intimi come un passo che trasforma le celle in “alcove matrimoniali”. Secondo Beneduci, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sta applicando la sentenza con una rapidità preoccupante, mentre le questioni di sicurezza e ordine interno continuano a persistere, con agenti spesso vittime di aggressioni.
Funzione rieducativa e sfide del sistema carcerario
Il dibattito si concentra anche sulla funzione rieducativa del carcere, un principio sancito dalla Costituzione italiana. Mentre si riconosce che la pena dovrebbe svolgere una funzione di reinserimento sociale, la realtà delle carceri italiane è segnata da contraddizioni evidenti. La mancanza di strutture adeguate, il sovraccarico delle comunità e le difficoltà degli operatori penitenziari pongono interrogativi sulla reale efficacia di questo modello. A tal proposito, la redazione di Open ha recentemente presentato il documentario “Giudizio sospeso”, un’opera che esplora la vita nei penitenziari minorili di Nisida e del Beccaria, mettendo in luce le storie di giovani detenuti che cercano di costruire un futuro diverso per sé stessi.
Il documentario, firmato da Alessandra Mancini e Felice Florio e coprodotto con Eclettica, rappresenta un tentativo di far emergere la complessità della vita carceraria e le sfide quotidiane che i detenuti devono affrontare. Durante la presentazione alla Camera dei deputati, la vicepresidente Anna Ascani ha sottolineato l’importanza di riflettere su un sistema che sembra essere in sofferenza, richiamando l’attenzione su come le carenze strutturali e organizzative possano ostacolare il raggiungimento di una vera funzione rieducativa della pena.
La “stanza dell’affettività” rappresenta dunque non solo un passo avanti per il diritto all’intimità dei detenuti, ma anche un’occasione per ripensare il sistema penitenziario nel suo complesso. La questione dell’affettività in carcere si intreccia con temi più ampi riguardanti la dignità umana, la sicurezza e la reintegrazione sociale. Il futuro degli istituti penitenziari italiani potrebbe dipendere da una riforma che tenga conto delle esigenze umane e del rispetto dei diritti, senza compromettere la sicurezza e l’ordine all’interno delle strutture.
In questo contesto, sarà fondamentale monitorare l’implementazione della “stanza dell’affettività” e valutare le sue ripercussioni sia sul benessere dei detenuti che sulla sicurezza degli agenti penitenziari. Il dibattito è destinato a proseguire, e la speranza è che si possano trovare soluzioni equilibrate che garantiscano tanto i diritti dei detenuti quanto la protezione degli operatori del settore.