La tecnologia e l’intelligenza artificiale stanno trasformando il panorama dell’archeologia, rivelandosi strumenti fondamentali per la scoperta e la preservazione del patrimonio culturale. Un recente studio condotto da un team di informatici e archeologi dell’Università di Bologna ha dimostrato come le immagini storiche raccolte da vecchi satelliti spia statunitensi, parte del programma Corona attivo negli anni ’60, possano svelare tesori archeologici altrimenti invisibili. Questo approccio innovativo ha portato alla scoperta di quattro nuovi siti archeologici nell’area di Abu Ghraib, in Iraq, che erano sfuggiti all’attenzione degli esperti a causa della loro quasi totale distruzione.
il programma corona e la sua importanza
Il programma Corona, attivo tra il 1960 e il 1972, rappresenta uno dei primi strumenti di ricognizione spaziale utilizzati dagli Stati Uniti per monitorare le attività militari di paesi come la Cina e l’Unione Sovietica. Le immagini raccolte durante questo periodo, inizialmente destinate a scopi di intelligence, sono ora impiegate in un contesto del tutto diverso: quello della salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale. Marco Roccetti, uno degli autori dello studio, ha affermato che il modello di intelligenza artificiale sviluppato dal team ha raggiunto un livello di accuratezza straordinario, intorno al 90%. Questo risultato ha non solo facilitato la localizzazione di siti archeologici, ma ha anche permesso di scoprire punti di interesse fino ad ora sconosciuti.
l’analisi delle immagini satellitari
L’analisi delle immagini satellitari è una delle tecniche più utilizzate dagli archeologi moderni. Tuttavia, l’utilizzo di dati storici, come quelli del programma Corona, offre una prospettiva unica. Nicolò Marchetti, co-autore della ricerca, ha sottolineato l’importanza di queste immagini nel migliorare la capacità di analisi del sistema, consentendo di individuare siti archeologici che, a causa dei cambiamenti ambientali e antropici avvenuti nel corso degli anni, non sono più visibili. Questo approccio rappresenta una vera e propria rivoluzione nel campo dell’archeologia, dove il tempo e la tecnologia collaborano in modo sinergico per recuperare il passato.
l’impatto della tecnologia sull’archeologia
L’area di Abu Ghraib, nota principalmente per la sua storia recente legata al conflitto iracheno, nasconde un’importante eredità archeologica risalente a millenni fa. La scoperta di nuovi siti in questa regione non solo arricchisce la conoscenza della storia locale, ma offre anche spunti per una riflessione più ampia sul patrimonio culturale dell’intera regione mediorientale. La tecnologia dell’intelligenza artificiale applicata all’archeologia potrebbe avere un impatto significativo sulle strategie di conservazione, consentendo agli archeologi di concentrarsi su aree che meritano maggiore attenzione e risorse.
Inoltre, l’integrazione di diverse discipline, come l’informatica e l’archeologia, può portare a risultati sorprendenti. La collaborazione tra esperti di tecnologia e studiosi di storia antica è fondamentale per affrontare le sfide moderne nel campo della conservazione del patrimonio. Questa sinergia non solo facilita l’innovazione, ma stimola anche un approccio multidisciplinare che arricchisce ulteriormente le scoperte archeologiche.
In conclusione, la scoperta di nuovi siti archeologici in Iraq grazie all’analisi delle immagini dei satelliti spia dimostra come la tecnologia, in particolare l’intelligenza artificiale, possa svolgere un ruolo cruciale nella salvaguardia del patrimonio culturale. L’integrazione di dati storici e moderne tecniche di analisi non solo amplia le nostre conoscenze sul passato, ma offre anche nuove opportunità per la conservazione e valorizzazione di una storia che, per molti aspetti, è ancora da raccontare.