Il drammatico racconto di Lorena Venier: «Ho aiutato Mailyn a strangolare e smembrare la vittima»

Il drammatico racconto di Lorena Venier: «Ho aiutato Mailyn a strangolare e smembrare la vittima»

Il drammatico racconto di Lorena Venier: «Ho aiutato Mailyn a strangolare e smembrare la vittima»

Matteo Rigamonti

Settembre 13, 2025

La triste vicenda di Gemona del Friuli ha scosso profondamente l’opinione pubblica, portando alla luce una delle pagine più oscure della cronaca nera italiana. Il caso riguarda l’omicidio di Alessandro Venier, un giovane di 22 anni, ucciso dalla madre Lorena Venier e dalla compagna Mailyn Castro Monsalvo. Le circostanze dell’omicidio, ricostruite attraverso le dichiarazioni di Lorena, sono agghiaccianti e pongono interrogativi inquietanti sulla psicologia dei protagonisti coinvolti.

La freddezza del racconto di Lorena

Lorena Venier ha raccontato, con una freddezza disarmante, gli ultimi momenti di vita di Alessandro. «Alessandro era supino e Mailyn ha puntato i piedi sulle sue spalle, ha messo i lacci degli scarponi intorno al collo e ha cominciato a tirare», ha spiegato. Un momento in cui la vita di un giovane stava per spegnersi, e la madre, piuttosto che intervenire per salvarlo, ha deciso di assistere. Questo racconto ha lasciato senza parole chi ha seguito il caso, rivelando una dinamica familiare disturbante e complessa.

Un piano omicida ben congegnato

Il piano omicida, come emerso dai documenti processuali, era stato elaborato con cura dalle due donne. La serata era iniziata con un tentativo di avvelenamento, utilizzando un intero blister di sonniferi sciolto in una limonata. Tuttavia, il piano non aveva funzionato come sperato. Le due donne, nonostante il fallimento del primo tentativo, hanno deciso di somministrare due punture di insulina ad Alessandro, affiancate dall’uso di un cuscino per cercare di soffocarlo. Questo piano diabolico è stato orchestrato con una lucidità che lascia attoniti.

La brutalità dell’atto finale

Quando Alessandro è caduto a terra in uno stato semi-incosciente, Mailyn ha preso l’iniziativa di strangolarlo con i lacci degli scarponi. In quel momento, Lorena ha raccontato di essersi allontanata per occuparsi della figlia, che stava piangendo. Una volta calmata, è tornata in soggiorno e ha assistito Mailyn nel compiere l’atto finale che ha tolto la vita al giovane. Dopo aver ucciso Alessandro, le due donne hanno dovuto affrontare la questione del corpo.

Lorena ha raccontato che inizialmente ha cercato di nascondere il cadavere in un bidone, ma senza successo. È allora che ha deciso di smembrarlo. «Ho preso un coltello da cucina, ma non avevo pensato alle ossa», ha spiegato, rivelando la brutalità e la disperazione del momento. «Ho pensato di tagliare l’addome, ma c’era la spina dorsale. Quindi ho utilizzato una sega per la legna». Questo passaggio del racconto di Lorena è inquietante, poiché rivela non solo la violenza dell’atto, ma anche un certo grado di premeditazione e determinazione a far sparire ogni traccia del delitto.

La confessione e le conseguenze

Dopo aver smembrato il corpo, Lorena ha messo i resti in un bidone e li ha ricoperti di calce, un materiale che spesso viene utilizzato per accelerare la decomposizione. La calce, acquistata su Amazon, rappresenta un ulteriore dettaglio macabro che evidenzia la volontà di nascondere l’orrendo crimine. I resti sono stati sistemati nel bidone verso l’una di notte del 26 luglio, mentre il mondo esterno continuava a girare ignaro del dramma che si era consumato all’interno di quella casa.

Nei giorni successivi all’omicidio, Lorena ha cercato di tornare alla normalità, persino tornando al lavoro in ospedale. Tuttavia, il peso del crimine ha iniziato a schiacciare Mailyn, che ha manifestato segnali di profonda crisi emotiva. Dopo quattro giorni di silenzio, la notte tra il 30 e il 31 luglio, Mailyn ha tentato di contattare i carabinieri. Il primo tentativo è stato bloccato dalla suocera, che l’ha convinta a non segnalare il presunto “falso allarme”. Ma il giorno seguente, la giovane ha trovato il coraggio di confessare tutto agli inquirenti.

Lorena, presente in un’altra parte della casa durante la confessione, ha cercato di dissuaderla, gridando: «Mailyn, ricordati quanto ti voglio bene». Queste parole, invece di avere l’effetto desiderato, hanno solo evidenziato la disperazione e la fragilità della situazione. Mailyn ha raccontato tutto, e la sua confessione è stata registrata dai carabinieri, costituendo un elemento cruciale per le indagini.

Il racconto di Lorena e Mailyn, sebbene straziante, offre uno spaccato di una realtà familiare complessa e inquietante. Le motivazioni dietro a tali atti di violenza e crudeltà sono oggetto di studio e riflessione, e il caso di Gemona si inserisce in un contesto più ampio di discussione sulla salute mentale e sui legami familiari. Le indagini continuano, e la ricerca della verità su questo omicidio ha aperto un dibattito che coinvolge non solo la giustizia, ma anche l’intera società.