Mottarone: il processo si chiude tra patteggiamenti e proscioglimenti, ecco cosa ha deciso il giudice

Mottarone: il processo si chiude tra patteggiamenti e proscioglimenti, ecco cosa ha deciso il giudice

Mottarone: il processo si chiude tra patteggiamenti e proscioglimenti, ecco cosa ha deciso il giudice

Matteo Rigamonti

Settembre 19, 2025

Il tragico incidente della funivia del Mottarone, avvenuto il 23 maggio 2021, ha lasciato un segno indelebile nelle vite di molte persone. In quella fatale giornata, 14 vite sono state spezzate e una comunità intera è rimasta profondamente scossa. Recentemente, il processo che ha visto coinvolti cinque imputati ha preso una direzione significativa, segnando un capitolo cruciale nell’ambito della giustizia per le vittime e le loro famiglie.

Il processo e le richieste di patteggiamento

Il giudice Gianni Macchioni del tribunale di Verbania ha accolto le richieste di patteggiamento presentate dalla Procura per tre degli imputati: Luigi Nerini, titolare delle Ferrovie del Mottarone; Enrico Perocchio, direttore d’esercizio; e Gabriele Tadini, capo servizio. Le pene richieste sono le seguenti:

  1. Luigi Nerini: 3 anni e 10 mesi
  2. Enrico Perocchio: 3 anni e 11 mesi
  3. Gabriele Tadini: 4 anni e 5 mesi

Questo esito ha suscitato reazioni contrastanti, in particolare da parte di coloro che hanno vissuto in prima persona il dramma della tragedia.

Proscioglimenti e responsabilità

Inoltre, il giudice ha disposto il proscioglimento per Martin Leitner e Peter Rabanser, due dirigenti della Leitner, la società che gestiva l’impianto. Secondo la Procura, Rabanser non poteva essere considerato responsabile per le mancanze che hanno portato all’incidente, poiché il controllo sull’operato di Perocchio era di competenza dell’Ufficio speciale trasporti a impianti fissi (Ustif). Questo ha sollevato interrogativi sull’effettiva catena di responsabilità e sull’efficacia delle misure di sicurezza adottate.

Un altro aspetto fondamentale riguarda la revoca della costituzione di parte civile da parte della Regione Piemonte, dopo un risarcimento di circa 100mila euro. Questo sviluppo ha sollevato ulteriori discussioni riguardo all’adeguatezza delle compensazioni offerte alle famiglie delle vittime.

Le accuse e le parti civili

Le accuse mosse ai cinque imputati spaziavano da disastro colposo a omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Inoltre, Tadini e Perocchio erano accusati di falso, un’aggravante che ha contribuito a rendere la situazione giuridica ancora più complessa. La Procura aveva già ridotto le accuse nel giugno 2023, eliminando l’aggravante del disastro, ma mantenendo l’accusa di attentato alla sicurezza dei trasporti per i quindici giorni precedenti l’incidente.

Tra le trenta parti civili che si erano costituite nel processo, spicca la famiglia di Eitan, il bambino israeliano unico sopravvissuto al disastro, che oggi ha 10 anni. Per la sua famiglia, nel febbraio 2024, è stato disposto un risarcimento complessivo di 3 milioni di euro, una somma significativa che riflette l’entità del dolore e della perdita subita.

Reazioni e impatti

L’annuncio delle richieste di patteggiamento è stato fatto dal procuratore capo di Verbania, Alessandro Pepè, durante l’udienza preliminare. In aula, Pepè ha spiegato che la decisione di chiedere il proscioglimento per i dirigenti della Leitner non è stata facile, ma necessaria per avviare un processo di guarigione per le famiglie delle vittime. Ha dichiarato: «Queste proposte mettono un punto fermo in merito alla ricostruzione dei fatti e delle responsabilità».

Tuttavia, non tutti hanno accolto con favore questa decisione. La sindaca di Stresa, Marcella Severino, ha espresso il suo disappunto, affermando di essere amareggiata per l’esito del processo. Uscendo dal tribunale, ha commentato: «Non sono sorpresa, era già previsto dalla scorsa udienza. Ma sono molto amareggiata: loro forse non sono stati sette ore su in mezzo ai morti come me». Le sue parole evidenziano il profondo impatto emotivo della tragedia e la difficoltà di accettare che i responsabili possano sfuggire a pene più severe.

Questa vicenda ha suscitato un ampio dibattito pubblico e ha sollevato interrogativi sulla sicurezza degli impianti di trasporto in Italia e sulla responsabilità delle aziende nella gestione di queste strutture. La funivia del Mottarone, un’attrazione molto amata dai turisti, ha visto un incremento del numero di visitatori negli anni precedenti all’incidente, ma le questioni di sicurezza erano già state sollevate da alcuni esperti e utenti.

La strage del Mottarone ha quindi rappresentato non solo un dramma personale per le famiglie delle vittime, ma anche una chiamata all’azione per migliorare le norme di sicurezza e la vigilanza sulle strutture di trasporto. La speranza è che questo processo, nonostante le sue complicazioni, possa contribuire a una maggiore responsabilità e a un futuro più sicuro per tutti coloro che utilizzano tali impianti.